sabato 31 ottobre 2015

ANNAPURNA EXPRESS

Domani parto per Kathmandu, faccio un giro in montagna nella regione dell'Annapurna. Vorrei scrivere un diario e anche fare qualche foto. Ma questo non ha nessuna importanza, vorrei soprattutto vedere i paesi e le persone e le montagne di quella parte del mondo.
Nello zaino mi porto:
- un paio di pantaloni, due maglie, quattro paia di calze, quattro mutande, quattro magliette che non mi faranno mai soffrire il freddo (grazie, sorella).
- tuta e sacco a pelo per dormire.
- scarponi, giacca a vento, mantella impermeabile, berretto e guanti per i quattromila metri.
- borraccia, pila frontale, binocolo, macchina fotografica, accendino, coltello (un Opinel n.8 incrostato di fontina).
- medicine: amuchina per depurare l'acqua (cinque gocce ogni litro), antibiotico intestinale e fermenti lattici (speriamo che non servano), aspirine per tutto il resto.
- spazzolino, dentifricio, sapone, asciugamano.
- un cordino, forbici, ago e filo.
- libri: "Il leopardo delle nevi" di Mathiessen, "Diario di una scrittrice" di Virginia Woolf, "Lessico famigliare" di Natalia Ginzburg, "Nepal" della Lonely Planet; una carta geografica 1:100.000 della regione dell'Annapurna.
- due penne, un quaderno, un taccuino, settanta pagine stampate della storia che sto scrivendo.
- passaporto, bancomat, cento euro in contanti, orologio, chiavi di casa.
- niente telefono, niente computer.
- generi di conforto: caffè solubile, liquirizia, una fiaschetta di whisky portafortuna. La fiaschetta l'ho fotografata qui sotto.
Ci si vede in dicembre!


venerdì 16 ottobre 2015

NEVE FRESCA

Ieri poi, nel pomeriggio, ha ricominciato a nevicare.
Neve secca, farinosa, invernale, che il vento faceva turbinare dappertutto, e arrivava a posarsi sulla soglia di casa e sulla legna accatastata contro il muro.
Ma questo cos'è, ottobre?, ho pensato.
Nemmeno i larici avevano fatto in tempo a liberarsi delle foglie.
Non ho più sentito il bramito del cervo né gli spari dei cacciatori.


Di sera sono rimasto vicino alla finestra, leggendo e guardando fuori.
I fiocchi illuminati dalle luci di casa.
Nevicava ancora, e mi ero appena messo su la cena, quando è finita la bombola del gas. La fiammella azzurra è diventata gialla, ha tremolato e poi si è spenta. Addio cena, ho pensato.
Ho incartato quattro patate nella stagnola e le ho buttate tra le braci della stufa, e dopo un'ora le ho mangiate croccanti e bruciacchiate, intingendole nel sale, col vino rosso.


Saranno state le nove e mezza quando mi ha abbandonato anche la luce. La lampadina sul tavolo si è spenta. La canzone di Toni Bruna si è interrotta a metà. Il frigo ha smesso di colpo di ronzare.
Tutta la casa è piombata nel buio e nel silenzio, a parte il crepitio della stufa e un topo che da due giorni scorrazza nel mobile della cucina. La neve fuori non faceva nessun rumore.
Io mi sono rassegnato al coprifuoco, che altro dovevo fare?
Ho tirato giù il divano, ho preparato il letto al bagliore della stufa, l'ho caricata per bene e me ne sono andato a dormire. Ascoltarla scoppiettare al buio mi faceva una bella compagnia.
Dopo un minuto ho sentito un cane che dal suo posto sotto il tavolo veniva a mettersi sul letto, cercando di non farsi sentire, come se potessi non accorgermi di lui. Si è accovacciato giù in fondo e ci ho infilato i piedi sotto.



Nella notte devo aver sognato di scrivere un racconto su un uomo a cui finisce tutto, il gas, la luce, la penna, e la sua vita è ridotta di colpo ai minimi termini, mentre sopra di me, fuori, intorno, nevicava e nevicava.


Stamattina il mondo era una pagina bianca.
Il cielo nitido, di quel blu reso ancora più intenso dai boschi coperti di neve.
Ho fatto un giro per provare gli scarponi nuovi e appena oltre la porta di casa sono affondato fino al ginocchio. Il cane nuotava. I larici si liberavano senza preavviso al primo sole, scaricavano slavine e sotto erano verdi e gialli.


Ho fatto qualche fotografia in verticale perché mi piacevano gli alberi, la neve e il cielo. A casa ho pulito un po' di legna dal ghiaccio, ho acceso il fuoco, mi sono ricordato della bombola. Nemmeno la luce era ancora tornata. Allora ho fatto il caffè sulle braci e il pentolino si è tutto annerito sul fondo.
Quando ho aperto il quaderno la mia storia era lì che mi aspettava: ferma a ieri, a ventisette anni fa, proprio a quella riga, nel punto esatto in cui l'avevo lasciata prima che cominciasse a nevicare.