mercoledì 20 febbraio 2013

UN BAMBINO COME NOI


   (Per tutti i bambini di quinta della scuola primaria Alessandro Volta di Lomagna, per le loro maestre e in particolare per Sandra. Il "libro di un altro scrittore" era un racconto di Hemingway, Campo indiano. Spero che adesso Ernest non venga fin qui per darmi un pugno sul muso. Grazie ragazzi, non lo dimenticherò.)

giovedì 14 febbraio 2013

ALL'UOMO CHE CI HA INSEGNATO AD AMARE LA FABBRICA

Sono nato in questa città. 
Amo questa città come si può amare qualcuno a cui ci lega un vecchio rapporto di familiarità e di amicizia. È la città nella quale sono cresciuto. Ha dato forma alle mie passioni, alle mie speranze, alle mie angosce. Ammiro le parti belle e le parti misere del suo corpo, dai quartieri, alle case, ai muri, ai selciati. Ha una sua bellezza e una sua bruttezza, esterne, visibili, che sono l'incarnazione della sua storia, che si esprimono nei suoi caratteri fisici e che acquistano maggior senso nel confronto con altre città. Questa città è simile a un essere vivente, è un organismo che respira e si dilata sopra di noi come un mantello protettivo che ci avvolge e ci confonde nello stesso tempo.


Negli anni è diventata per me come un porto di mare, un luogo privato dal quale partire per altri mari, per altre città, per poi ritornare e quindi ripartire. Un porto cioè un luogo stabilizzato dove accumulare campioni prelevati, reperti e impressioni dei luoghi lontani. Immagini che si depositano nella memoria, come una sostanza che la città sa far propria e trattenere, ma che sa restituire metabolizzata in altre immagini, ricomponendo presente e passato, vicino e lontano, a piacimento, secondo le pulsazioni del cuore. Piccoli reperti di archeologia contemporanea.


Questa città mi appartiene e io le appartengo, quasi fossi un frammento fluttuante nel suo immenso corpo. Mi ossessiona un bisogno costante di conoscenza della sua fisicità, una necessità di rileggere di nuovo i tratti, le parti nascoste ma anche i luoghi noti e le sembianze più conosciute. Tra di noi c’è un varco aperto, che permette uno scambio continuo di percezioni, un punto di vista speciale. Talvolta ho l'impressione che si manifesti più nitidamente e all'improvviso dinanzi agli occhi, che mi informi del suo ingombro, della sua consistenza e della sua materia.
La città mi investe e mi abita.

(Gabriele Basilico, 1944-2013)