Questo è solo il primo passo. C’è che dice che tutte le storie siano storie d’amore. Per come la vedo io, tutti i racconti di Alice Munro sono racconti gialli. Non a caso sono sempre ambientati in un paesino della sperduta provincia canadese: Walley, sulle sponde del lago Huron, un posto che non esiste sulle carte geografiche ma evoca subito il nome di Wingham, Ontario, il luogo in cui nel 1931 nacque la nostra Alice Ann Laidlaw. Soltanto che qui non c’è un delitto, non c’è un investigatore, non c’è un colpevole da smascherare. O almeno, sono spostati i termini della questione: il delitto è il fenomeno visibile di un mistero molto più grande. È l’impronta lasciata nel fango da qualcosa di incomprensibile e inaccettabile, qualcosa di nascosto che all’improvviso prende forma - e la forma può essere una scelta eccentrica in una vita rispettabile, una bugia senza motivo o un adulterio svelato, un ricordo rimosso che torna alla luce. Ma sotto, dietro, all’origine di questa anomalia che cosa c’è? Il colpevole è sempre e solo l’essere umano: di volta in volta diverso, ma in fondo qui i nomi non hanno più molto valore. E l’investigatore - in questo senso parlo di religione - non è altro che la scrittura stessa. Come raccontava Flannery O’Connor, leggendo Alice Munro si ha la vertiginosa sensazione che le cose accadano riga per riga, che lei stessa le scopra mentre le scrive. Che la scrittura non sia perciò una forma di narrazione, ma qualcosa di molto più simile alla meditazione. Prendo un personaggio e un fatto che lo riguarda, ci giro intorno con le parole, li guardo da tutte le angolazioni e vado avanti e indietro nel tempo, cerco indizi, formulo ipotesi, mi avvicino alla verità percorrendo una lentissima spirale, che a lungo sembra girare in tondo ma invece stringe sempre di più il suo centro. Molti descrivono le loro storie come forme geometriche, traiettorie di viaggio, alberi dotati di radici, tronco, rami e frutti e foglie, in ogni caso come oggetti lineari, con un inizio e una fine, che in qualche modo rappresentano un percorso. Alice Munro dice una cosa difficile da capire: “Ognuno sa come funziona una casa, come essa delimita lo spazio e crea collegamenti tra uno spazio chiuso e un altro e fa vedere in modo nuovo quello che c’è fuori. Questo è il modo meno approssimativo che possiedo per spiegare come funziona una storia per me, e come vorrei che le mie storie funzionassero per gli altri”. Bello, vero? Eppure qualcuno saprebbe spiegare che cosa vuol dire?
Chiudo, per ora, con questa domanda e con un racconto. Il quartiere di Five Points. Brenda è la moglie di un ex minatore, Cornelius, che qualche anno fa ha subito un crollo in galleria, si è ritirato con una pensione minima, ripara elettrodomestici e soffre di terribili mal di schiena. L’uomo sempre allegro e forte come un toro è diventato depresso e mezzo invalido, e come conseguenza quasi inevitabile Brenda ha cominciato a tradirlo con Neil, uomo giovanile e sprezzante, che vive in una roulotte, fuma erba, ha il fascino del selvatico e del viaggiatore. La verità è che sia Brenda che Neil non sono più giovani, e si trovano entrambi nel punto della vita in cui questa scoperta a lungo aggirata diventa inevitabile. Stanno insieme da un paio di mesi, in cui hanno avuto furtivi e sporadici incontri sessuali. Il sesso è effettivamente quello che li tiene uniti. E oggi, per la prima volta, litigano: nella roulotte Neil racconta a Brenda un ricordo di gioventù, quando lui e i suoi amici, in cambio di soldi, andavano a letto con una ragazza grassa e brutta. Lo sfruttamento si era trasformato in ricatto, la ragazza aveva cominciato a rubare denaro dalla cassa del negozio di famiglia, alla fine il negozio aveva chiuso e la famiglia si era trasferita e nessuno li aveva mai più visti. Forse è capitato a tutti: è quel tipo di ricordo che all’inzio è divertente e poi degenera, e alla fine si vorrebbe non avere mai cominciato a raccontarlo. E infatti Brenda ci resta male, ne è delusa se non proprio disgustata. Anche Neil adesso è nervoso. Bastano altre due parole di troppo, ed ecco il litigio.
In un modo o nell’altro fanno la pace, o almeno smettono di litigare, e il racconto finisce così, con Neil che come ogni volta accompagna Brenda al suo furgone. Ma questa volta è diverso, lo sanno tutt’e due. Ed è qui che si nasconde la rivelazione.
***
Brenda vede le mani di lui sul volante e pensa alla fatica che farebbe se dovesse descriverlo. Da lontano - in macchina, mentre la aspetta - è sempre stato una luminosa immagine sfocata, la sua presenza un sollievo e una promessa. Da vicino, è stato di volta in volta una zona determinata - pelle vellutata o indurita, peli ispidi o appena rasati, odori peculiari o uguali a quelli di altri uomini. Ma è soprattutto un’energia, una qualità del suo essere che lei vede nelle sue dita corte e tozze, o nella curva abbronzata della sua fronte. E neppure chiamarla energia è esatto - è piuttosto la sua linfa vitale, che sale dalle radici, chiara e gagliarda, colmandolo fino a traboccare.
Se si voltasse, ora, lo vedrebbe per quello che è - quella fronte convessa e abbronzata, la cornice di ricci castani che cominciano a farsi più radi, folte sopracciglia con qualche pelo bianco, occhi chiari e infossati e una bocca che sa divertirsi, orgogliosa e imbronciata. Un uomo dall’aria da ragazzo che comincia a invecchiare.
Neil fa inversione, porta la macchina nella posizione giusta per tornare indietro, ed è ora che Brenda scenda e raggiunga il furgone. Lui toglie le mani dal volante con il motore acceso, piega le dita, poi stringe di nuovo il volante con forza - con abbastanza forza, si potrebbe pensare, da ridurlo in poltiglia. “Cristo, aspetta a scendere”, dice. “Non scendere”.
Brenda non ha ancora messo la mano sulla maniglia, non ha ancora fatto una mossa per andarsene. Non sa cosa sta accadendo, lui? Forse è necessaria l’esperienza di molte liti coniugali per saperlo. Per sapere che ciò che credi - e per un po’ speri - sia la fine assoluta per quanto ti riguarda, potrebbe rivelarsi soltanto l’inizio di una nuova fase, una continuazione. È questo che sta accadendo, è questo che è accaduto. Neil ha perso un po’ del suo lustro ai suoi occhi, potrebbe non recuperarlo più. Probabilmente lo stesso vale per lei, per quanto riguarda lui. Brenda ne avverte la pesantezza, la rabbia, la sorpresa. Anche lei si sente così. Pensa che fino a questo momento era stato facile.
Sino a questo momento sapevo soltanto che alcuni americani si erano chiesti come mai questa autrice non avesse mai vinto il Pulitzer, prima di rendersi conto che la Munro sul passaporto non ha la bandiera a stelle e strisce...
RispondiEliminaIn ogni caso non mi ero ma interessato a lei, ma adesso mi hai fatto venire voglia di leggerla! Appena riporto "Sofia si veste di nero" in biblioteca, lo scambio con uno dei suoi.
...e oggi ha vinto il Nobel! Meritatamente
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