Che tipo di racconti sono? Murakami una volta ha detto: Fino a quando non ho incontrato Raymond Carver, non c'era mai stata una persona che, come scrittore, potessi considerare il mio mentore. È stato senza dubbio l'insegnante più prezioso che abbia mai avuto, oltre che il mio migliore amico letterario. La letteratura produce amori imprevedibili. Lo sapevate che, per molti anni, l’Italia e il Giappone sono stati i paesi in cui i libri di Carver hanno avuto più successo? Anche i racconti di Murakami parlano di persone comuni e della loro segreta disperazione, dei piccoli miracoli con cui la vita quotidiana li sorprende. Il mio preferito si intitola “Tony Takitani”: è la storia del figlio di un jazzista giapponese innamorato dell’America, di sua moglie ammalata di shopping compulsivo, dell’enorme cabina armadio in cui naufraga il loro matrimonio. Poi, a volte, il soprannaturale fa irruzione in queste esistenze ordinarie: un uomo sparisce misteriosamente, inghiottito dal proprio condominio; una cameriera consegna la cena in camera a un vecchietto eccentrico, che la ricambia offrendosi di realizzare un suo desiderio; un custode notturno incrocia la propria immagine allo specchio, e si accorge che quella persona non è lui. La presenza minacciosa del destino, l’ossessione per le coincidenze, mi hanno fatto pensare spesso a Paul Auster. È strano leggere uno scrittore giapponese come se fosse americano? Nel caso di Murakami penso di no. Ha gestito per anni un locale jazz a Tokyo, ha vissuto a lungo negli Stati Uniti, è il traduttore di Carver, Capote, Fitzgerald e Salinger, e quella tradizione risuona nelle sue storie. È la prova vivente di una mia convinzione: ogni scrittore ha il diritto di scegliersi i suoi maestri, ed è un legame senza patria e senza tempo. Ecco un piccolo brano illuminante dal racconto “Birthday Girl”.
“Posso farti una domanda?”, dissi. “Anzi, a dir la verità le domande sarebbero due”.
“Prego”, mi incoraggiò lei. “Me lo immagino cosa vuoi sapere. Prima di tutto, che desiderio ho espresso quel giorno”.
“Però mi è parso che tu non avessi voglia di dirlo”.
“Ti ho dato quest’impressione?”
Annuii.
Lei posò la barchetta di carta e strinse gli occhi, come se volesse guardare lontano.
“Quando si esprime un desiderio, non bisogna rivelarlo a nessuno”.
“Non ho intenzione di obbligarti a farlo. Quello che vorrei sapere, innanzi tutto, è se sia stato esaudito o meno. E poi se ti sei mai pentita di aver scelto, quella volta, quel desiderio lì. Qualunque cosa fosse. Non hai mai pensato che avresti fatto meglio a trovarne un altro?”
“Alla prima domanda rispondo di sì, ma anche no. Ho ancora un bel po’ di anni da vivere davanti a me, e non posso sapere come andranno a finire le cose”.
“Era un desiderio che richiedeva del tempo?”
“Già”, disse la mia amica. “Era una cosa in cui il tempo aveva un ruolo essenziale”.
“E riguardo alla seconda domanda?”, chiesi.
“Qual era la seconda domanda?”
“Se ti sei mai pentita di aver scelto quel desiderio”.
Un breve silenzio. Lei mi rivolse uno sguardo distratto. Sulla bocca le affiorò l’ombra di un sorriso spento. Che mi fece capire che a un certo punto c’era stata una rinuncia.
“Adesso io sono sposata con un commercialista che ha tre anni più di me”, disse. “Ho due bambini, un maschio e una femmina. Un setter irlandese. Possiedo un’Audi e due volte alla settimana vado a giocare a tennis con le amiche. Questa è attualmente la mia vita”.
“Niente male, mi sembra”, risposi.
“Ciò che voglio dire”, proseguì in tono pacato, strofinandosi il lobo dell’orecchio, un lobo molto ben fatto, “ciò che voglio dire è questo: che una persona, qualunque cosa desideri, per quanto faccia, non potrà mai diventare altro che se stessa. Tutto qui”.
Scoppiò in una risata. E quell’ombrà stentata di un sorriso che aveva sulle labbra di colpo si dileguò.
Haruki Murakami, I salici ciechi e la donna addormentata
Traduzione di Antonietta Pastore, Einaudi 2010
Ciao Paolo,
RispondiEliminasono un lettore del tuo blog da un po'di tempo. E'un bel leggere. Anche il tuo "Una cosa piccola che sta per esplodere" l'ho apprezzato particolarmente.
Riguardo Murakami Haruki: di lui ho letto quasi tutto, anche "Blind Willow, Sleeping Woman" (letto in inglese anni fa). Concordo su 'Tony Takitani', molto bello. Ne hanno anche fatto un film.
Un caro saluto
Marco
Ciao Marco, benvenuto. Ho appena ricambiato la visita sul tuo blog: di nuovo complimenti. Qual è il film tratto da Tony Takitani?
RispondiEliminaCiao Paolo,
RispondiEliminaSu Tony Takitani puoi vedere qui:
http://www.tonytakitani.com/
http://en.wikipedia.org/wiki/Tony_Takitani
http://www.imdb.com/title/tt0420260/
e in vari altri posti cercando in rete.
in realtà è da un po' che sono seduto al bancone del tuo blog a godermi la scena. Prima o poi succede sempre che si inizia a chiacchierare.
Grazie della tua visita al mio.
un saluto
Marco
iao Paolo,
RispondiEliminadopo la lezione sia ha bisogno di un buon libro di racconti eh!? vado a sfilare dalla mia libreria "I salici..." che ancora non ho letto...per stasera il racconto che consigli...adoro Murakami..."Tutti i figli di Dio danzano" è una raccolta di racconti che apprezzo molto, a suo tempo divorata, così eterogenei ma incredibilmente legati dalla voce dello scrittore che è unica...aspettiamo Norwegian Wood film...chissà, dopo molti anni dal libro...grazie di tutto Paolo, grazie del tuo blog, dei tuoi consigli e del corso alla Trebisonda...saluti, Andrea