martedì 8 giugno 2010

QUATTRO ALBERI

Quassù ci sono solo quattro tipi di alberi, non tutti quelli che aveva Mario Rigoni Stern nel suo giardino. Siamo mille metri più in alto e poche piante sopportano sei mesi di gelo. Perciò, il mio arboreto salvatico occupa appena un fazzoletto di terra. Eccolo qui.

Provo rispetto per l’abete rosso, come per l’abitante di un paese buio. Cresce nei versanti umidi, a nord, e nelle valli in ombra. È un rispetto formale il mio, per un albero che non capirò mai fino in fondo. Mi turba la sua indifferenza alle stagioni, perché una pianta sempreverde è come un volto che non cambia espressione. Diffido della chioma dalla forma perfetta, che rende difficile distinguere un esemplare dall’altro. Ma una volta, in luglio, mi sono arrampicato su un sasso e ho visto qualcosa che non dimenticherò più: la punta di un abete, solo gli ultimi rametti esposti al sole, coperta di fiori azzurri, spettacolo privato degli uccelli del cielo.

Ammiro il pino uncinato come uno schiavo ribelle, che ha lottato per alzarsi in piedi. Il mugo, suo fratello maggiore, ha il titolo di specie pioniera: è il primo arbusto a colonizzare le pietraie, i canaloni spazzati dalle valanghe. Affonda le radici tra i sassi e con i suoi artigli di rampicante tesse una rete che li tiene insieme. A volte scavando trova del buon terreno, e condizioni accettabili di neve e vento, e allora dalla forma prostrata passa a quella arborea, e diventa il pino uncinato. Per qualche motivo mi ricorda il sud e il mare: forse perché il sole picchia sulle pietraie, e la resina di altri pini profuma la macchia mediterranea. Il bastone con cui cammino viene da lui. Ha un legno bianco che non ingiallisce con il tempo, elastico e leggero nelle corse sui sentieri.

Amo il larice come un fratello. Il larice è l’odore di casa e il fuoco del mio camino. Davanti alla finestra ho un bosco coltivato, nel senso che fino agli anni Cinquanta era un pascolo, strappato da antichi pastori alla montagna, o bruciato dagli eserciti, chissà. Poi, nel dopoguerra, diverse zone delle Alpi furono rimboschite. Il bosco di questo tipo si riconosce perché è poco vario, e perché i larici hanno tutti la stessa età, altezza e dimensioni del tronco. Nei giorni di vento ondeggiano come spighe. D’inverno la neve provoca schiocchi improvvisi di rami che cedono, ed è la legna che raccoglierò in primavera. Il larice trascorre lunghi mesi come morto, prima di mettere le gemme in aprile, e poi cambia colore con l’avanzare dell’estate: dal verde pieno di giugno a quello stinto d’agosto, fino al giallo e al rosso di ottobre. Ama il sole e il vento, i versanti sud delle montagne, i terreni secchi. A duemila metri è l’ultimo bosco prima dei pascoli. Un bosco rado, dove la luce del sole filtra liberamente, e cresce l’erba.

Venero il pino cembro come un dio. Da queste parti è un albero solitario dai rami duri, nodosi, contorti. Ha semi che gli uccelli nascondono nelle loro dispense segrete, le crepe dei massi ad alta quota. Poi basta un po’ di terra, una vena d’acqua piovana: gli arbusti di pino cembro crescono lassù, sul ciglio dei dirupi, tra gli spuntoni di roccia, in luoghi impossibili. Siccome odiano l’ombra, vivono soli. Assumono forme tormentate per le acrobazie che devono fare crescendo, per la neve che li torce e li flette, per il fulmine che li spezza. Il pino cembro è un monumento alla lotta per la vita, nessun esemplare è simile a un altro: e io ormai riconosco tutti quelli che incontro lungo il sentiero, ogni volta mi fermo a osservarli, a ciascuno vorrei dare un nome.

3 commenti:

  1. E' bellissimo questo diario, Capitano.
    Un soffio d'invidia, perdona, per i confini dello sguardo, per l'ascolto, ma anche no perché molto da lì riesce ad arrivare fin qui.
    Leggerlo e rileggerlo da questo lato del mondo, é un sollievo.

    Elena

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  2. capitano, hanno messo il bavaglio. nessuna più intercettazione, non sapremo più nulla di quello che accade. non ti senti mancare l'aria? è possibile isolarsi e fare come se nulla fosse? ci provo ma non basta. O è giusto così? è una legge giusta?
    ti rileggo in cerca di ispirazione, e di saggezza.
    A presto,
    Matteo

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  3. OT:
    http://www.anobii.com/books/Confessioni_di_un_cuoco_eretico/9788882371159/01d689abaa6345c797/

    pietro

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