Da queste parti esiste un animale mitico, il dahu. È uno strano stambecco adattato dalla selezione naturale a vivere sui dirupi. Per abitare quei luoghi scoscesi, il dahu ha zampe asimmetriche: a volte sono più corte quelle di destra (in questo caso si chiama levogiro), a volte quelle di sinistra (destrogiro). Ma un corpo specializzato è anche una condanna. A causa delle sue zampe, il dahu non può voltarsi mai: per non cadere è costretto a dare lo stesso fianco alla montagna, e a girarle intorno nello stesso verso, per tutta la vita. Questo inconveniente genera situazioni che noi conosciamo bene. Due levogiri, per esempio, camminano in fila indiana o fianco a fianco, ma non si fronteggiano mai. Un levogiro e un destrogiro, se si incontrano e sono entrambi maschi, possono solo prendersi a cornate. Se sono un maschio e una femmina possono corteggiarsi, ma in nessun caso accoppiarsi: si guardano negli occhi, si annusano, magari si innamorano, e poi devono passare oltre. Per finire, se un dahu supera un ciuffo d’erba o un rivolo d’acqua, l’erba o l’acqua fanno già parte del passato: per ritrovarle bisognerebbe fare il giro della montagna. Qui non si torna indietro, e se incontri una donna è un gran casino. È quello che succede a vivere in pendenza.
Tra gli umani, si fa grande attenzione alla forza di gravità. Ogni cosa ha un peso e ogni cosa - che sia foglia, pietra o goccia d’acqua - tende a rotolare a valle. Prima di costruire una casa bisogna vedere se a monte c’è una sorgente, e da che parte cadono le valanghe. Se c’è da fare un lavoro in cui si trasportano carichi, lo si organizza in modo da avere il punto di partenza in alto, e la destinazione in basso. Nella preparazione dello zaino, come nella scrittura, togliere è più importante che aggiungere, e la leggerezza di Calvino è una qualità molto apprezzata per salire in cima a una montagna. Insieme al paesaggio cambiano le parole. Avanti e indietro sono roba da pianura, qui si dice su e giù. Sud e nord diventano dritto e rovescio (e in barba ai mappamondi il sud è il dritto, perché prende più sole). In città se una cosa ti cade la raccogli, che c’è di strano? Qui da noi, rischia di essere persa per sempre.
Rambo lassù ne sa qualcosa. L’invenzione della rotoballa, quell’enorme cilindro di fieno che ha sostituito le vecchie balle quadrate, sarà stata un gran vantaggio in mezzo ai campi di frumento e alle risaie, ma a lui è bastato appoggiare la prima per vederla partire, giù per i pascoli, attraverso la strada, nel bosco e infine per aria, dove il pendio precipita sul torrente, qualche quintale di fieno che è andato a nutrire i cervi cinquecento metri più in basso. Rambo di solito se ne frega. Lui spacca tutto, tira un paio di bestemmie et voilà. Compra solo auto usate molto vecchie e le distrugge correndo su e giù per le sterrate, dal bar del paese all’alpeggio: quando le sospensioni sono andate, il parabrezza incrinato, la marmitta ridotta a uno strascico sferragliante lui le parcheggia dietro la stalla e lì le abbandona. In quel piccolo cimitero, che la forestale più volte gli ha intimato di sgomberare, ci sono già due carcasse che arrugginiscono sotto temporali estivi e nevi invernali: una Ritmo e una Volvo (la sua preferita per il ruggito del motore, tanto che le aveva dipinto dei denti di squalo sul cofano: "Quando accendevo la Volvo", mi ha detto una sera, "tutto il paese sapeva che Rambo portava giù il latte"). A fine stagione le raggiungerà la Punto che ormai sta tirando le cuoia.
Quanto a me, verso ferragosto mi sono svegliato dopo una notte di pioggia, e ho scoperto che aveva nevicato appena cento metri più in alto. Il telone di plastica sotto cui dorme Rambo era coperto da due o tre centimetri di neve ghiacciata, e io ho pensato al mio amico che si scaldava con la sua tazza di caffè, burro d’alpeggio, zucchero e vino, un intruglio infernale che un paio di volte, per questioni di ospitalità e d’orgoglio, ho dovuto assaggiare anch’io. Più tardi è uscito il sole, e all’ora di cena soltanto le cime più alte erano ancora imbiancate. Io avevo passato in casa tutto il giorno, a leggere, scrivere, finire un testo che forse prima o poi mi avrebbero pagato, così ho deciso di concedermi una serata di lusso: scendere in paese, bere un paio di birre scure, leggere un giornale per vedere che cosa succedeva nel mondo. Ma quando ho raggiunto la strada ho avuto una brutta sorpresa. La macchina non partiva più. Girando la chiave d’accensione si illuminavano le spie, ma il motore non dava nessun segnale: in effetti non la muovevo da una settimana, e ultimamente aveva piovuto tutti i giorni. La macchina era parcheggiata in curva con il muso verso il prato, faceva buio e in giro non c’era nessuno, così ho deciso di arrangiarmi da solo. Ho messo il cambio in folle e cominciato a spingerla in retro - ventre a terra, sangue che pompa nei muscoli delle cosce, entrambe le mani sul parafango anteriore - ma mi è stato chiaro in fretta di aver sopravvalutato le mie forze. Anziché obbedirmi e arretrare lungo la strada, la macchina ha cominciato a scendere verso di me. Le scarpe scivolavano sull’erba bagnata e io ho fatto appena in tempo a correre a tirare il freno a mano, per poi contemplare impotente il triste spettacolo. Ora la macchina si trovava in mezzo al pascolo, affondata nel fango di una settimana di piogge. Poco più giù c’era il bosco e poi il dirupo, quello da cui è volata la rotoballa di Rambo. Così mi sono rassegnato a bloccare le ruote con due grosse pietre, tornare su per il sentiero e andare a bussare a una casa amica.
Sempre a proposito di maschi, qui c’è qualcosa che bisogna sapere. Nel mio modello virile di riferimento - diciamo boscaiolo canadese - davanti a un’auto in panne un uomo apre il cofano e ci mette le mani dentro. Allo stesso modo ripara i rubinetti che perdono, e se non si sente bene aspetta che passi, o al limite butta giù una grappa e si mette a letto. La differenza tra questo boscaiolo ideale e il me reale è che lui ci riesce, mentre io produco sempre mensole un po’ storte, rubinetti che dopo un giorno ricominciano a gocciolare, febbri croniche lunghe tutto l’inverno. So usare il trapano, la smerigliatrice e il seghetto alternativo, e se c’è un luogo che mi rilassa anche più della libreria è il negozio di ferramenta, ma faccio tutto con un’ansia di fondo, mostrando sicurezza da fuori e tormentandomi da dentro sulla tenuta di un tassello a espansione, o l’esatta sequenza dei gesti necessari a smontare una presa di corrente. Ho un’ammirazione sconfinata per i veri tuttofare, e questa categoria, nella lista degli uomini che vorrei diventare, viene forse al terzo posto (al primo c’è un bravo scrittore, al secondo una brava persona, anche se temo che queste due si escludano a vicenda). Per il momento almeno ne conosco uno. “Oh bè”, mi ha detto Remigio, sulla porta di casa sua, mentre da dentro uscivano il tepore della stufa e la musica dei Pink Floyd. “Se è solo per partire la facciamo partire”. Siamo tornati insieme giù al parcheggio. Lui ha preso il suo fuoristrada, ha agganciato la macchina con il cavo di traino e l’ha tirata fuori dal pascolo. Poi l’ha portata in cima alla salita, in modo da avere a disposizione una bella rincorsa. Da lì è stato un gioco da ragazzi: giù in folle per qualche decina di metri, dentro la seconda e via. Prima di salutarmi mi ha dato un consiglio che non dimenticherò molto in fretta: “Quando parcheggi lasciala sempre in discesa. Così, male che vada, sei sicuro che in qualche modo riparti”.
E io ho passato la serata al bar, birre scure, vani giornali d’agosto, la cameriera russa di cui tutti parlavano tre mesi fa, i cenni fiacchi di saluto dei bevitori abituali, a pensare alle volte in cui ho parcheggiato in salita. E a quanto ho dovuto spingere per ripartire.
domenica 12 settembre 2010
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Che bello questo racconto!
RispondiEliminaHai dato un senso alla mia serata domenicale qui nella piatta terraferma veneziana.
Il boscaiolo canadese è un mito, (anche per me, che dovrei accontentarmi di un modello femminile di riferimento ! ), ma considera che se te la fossi cavata da solo non avresti conosciuto la generosità e l'amicizia di Remigio. Vi siete arricchiti a vicenda.
E che buona dev'essere la birra scura !
Grazie,
Ornella
Mi chiedo se la fluidità straordinaria che ottieni abbia origine da tante limature successive ed estenuanti, così come immagino che sia, un pò per ciò che ho letto talvolta tra le righe di questo diario bellissimo, davvero Capitano, bello come poche cose (l'ho già detto altre volte, vero?), un pò per qualcosa che evidentemente accende la mia fantasia e la fa andare oltre il veramente detto. Non che si avverta alcuno sforzo o fatica nelle tue parole, tutt'altro. Piuttosto qualcosa che lascia trapelare estrema concentrazione, come uno sguardo prolungato, profondo, su ciascuna sillaba, immagine, concetto, ricordo, incontro, gesto quotidiano.
RispondiEliminaE' bello. Si. E la solitudine, evidentemente, (ma io non l'ho mai pensato) non può essere una cosa tanto cattiva.
Elena
Caro Paolo,
RispondiEliminati volevo segnalare -- sul tuo blog; in modo da poter condividere la notizia con il maggior numero possibile di persone interessate -- l'apertura degli archivi di David Foster Wallace.
Qui: http://www.hrc.utexas.edu/press/releases/2010/dfw/
Un saluto.
f
Bellissimi i tuoi modelli, una virilità un po' passata, ma così viva e presente nel senso ancestrale di ognuno di noi.
RispondiEliminaScrivi sempre benissimo e riesci a trasformare questi momenti di vita in pagine indimenticabili.
Grazie per le tue parole
Luca
caro paolo,
RispondiEliminaperdona l'intrusione
ci siamo sentiti qualche settimana fa per quella cosa con "inutile". nel frattempo volevo dirti che ho cominciato il tuo primo libro e che ho parlato di te sul mio tumblr volante, qui:
http://sanguedalnaso.tumblr.com/post/1158328669/meno-giordano-piu-cognetti-paolo
sempre viva willy nelson,
marco
ciao marco, ti ringrazio molto. però devo anche dirti che ho amato il libro di giordano, credo sia uno dei migliori ritratti della mia generazione. se non ci fossero stati lo strega, il film, il milione di copie, i servizi sulle riviste femminili eccetera, ma fosse stato magari un romanzo pubblicato da un piccolo editore, con mille copie vendute, sconosciuto da tutti, credo che molti lettori forti sarebbero d'accordo con me. però di mezzo ci sono il successo e l'invidia che rovinano tutto. pazienza.
RispondiEliminail titolo del mio post non ha a che fare con giordano, ma con l'uso che si fa della sua opera, anche suo malgrado, credo. giordano ha la mia stessa età e quando l'ho visto in tv mi ha fatto molta tenerezza.
RispondiEliminaCiao, Mr. Walden. Ti mando i saluti di Cinzia Bomoll, che non ti vede da tempo e che, come me, ti stima.
RispondiEliminaLa tua guida su New York è bellissima.
Io, però, sogno di farmi un bel coast to coast in macchina, e vedere la provincia ululante, mangiando pannocchie bollite.
Se mai dovessi venire a Roma e non sapessi dove dormire, vieni pure da me, dalla mia amata Giovannina e dal gatto nostro, che si chiama Alvise Baruffo.
Andrea