Il 7 agosto 1974 Philippe Petit compì la sua famosa impresa, attraversare il cielo tra le Torri Gemelle di New York sopra un cavo d’acciaio, a oltre 400 metri da terra. Era mattina presto. Lui e i suoi amici erano saliti sul tetto la sera prima, travestiti da operai, e avevano passato la notte a tendere il cavo da una torre all’altra. In realtà non fu un semplice attraversamento ma uno spettacolo di funambolismo: Petit restò sospeso lassù per più di mezz’ora, con la polizia che lo aspettava per arrestarlo, e camminò avanti e indietro, saltellò su una gamba sola, si sdraiò, si inchinò verso il pubblico gettando baci. Per quella mezz’ora la vita a Manhattan si fermò. La gente usciva per strada dagli uffici e dai negozi, si accalcava sui marciapiedi guardando in su, ammirata e sgomenta. Le torri erano state inaugurate da pochi mesi. Una scena molto simile, osservando la folla dall’alto, si sarebbe potuta vedere 27 anni dopo, un’altra mattina d’estate, e forse per questo qualcuno ha definito il libro di Colum McCann il migliore romanzo mai scritto sull’11 settembre, anche se non è un romanzo ma una raccolta di racconti, tutti ambientati nei primi anni Settanta. Il titolo originale era Let the Great World Spin - lascia che il grande mondo continui a vorticare - e forse non c’è una parola migliore per definire questo libro. Prima di leggerlo, penso che sia una buona idea vedere il documentario realizzato su Petit, Man on Wire. Poi aprite il libro e lasciatevi risucchiare dal vortice.
Un racconto parla di Corrigan, un frate irlandese innamorato dei poveri della terra, che parte da Dublino e trova nel Bronx il luogo in cui erigere la sua missione. Va ad abitare in una topaia, comincia a prendersi cura delle prostitute che battono sotto casa. Viene pestato e cacciato più volte dai loro protettori, ma ogni mattina torna e infine riesce a farsi accettare. Porta caffè d’inverno, procura eroina a chi non può farne a meno, offre il suo appartamento come riparo. Si affeziona molto a una ragazza di vent’anni, Jazzlyn, prostituta nera dalla sensualità dirompente, madre di due bambine.
Un racconto parla di Corrigan, un frate irlandese innamorato dei poveri della terra, che parte da Dublino e trova nel Bronx il luogo in cui erigere la sua missione. Va ad abitare in una topaia, comincia a prendersi cura delle prostitute che battono sotto casa. Viene pestato e cacciato più volte dai loro protettori, ma ogni mattina torna e infine riesce a farsi accettare. Porta caffè d’inverno, procura eroina a chi non può farne a meno, offre il suo appartamento come riparo. Si affeziona molto a una ragazza di vent’anni, Jazzlyn, prostituta nera dalla sensualità dirompente, madre di due bambine.
Un altro racconto parla di Lara e Blaine, pittori in crisi. Stanno insieme. Per un certo periodo Blaine ha avuto successo a Manhattan, ma poi dai quadri sono arrivati i soldi e le droghe, che hanno bruciato tutto il resto. Così Lara e Blaine sono andati a disintossicarsi in una capanna nei boschi, distante un paio d’ore a nord di New York, cercando di ritrovare l’ispirazione. Passati alcuni mesi si sentono finalmente puliti, tornano per una notte in città, finiscono a farsi di cocaina e provocano un incidente in cui ha la peggio il furgone scassato che li precede, quello di Corrigan e Jazzlyn.
Un altro racconto ancora parla di Tillie, madre di Jazzlyn e prostituta lei stessa, che è andata in carcere al posto della figlia confessando un furto mai commesso. Dopo l’incidente è angosciata per le nipotine, e la sua necessità immediata diventa uscire di prigione e occuparsi di loro. Ma Tillie non è una persona diplomatica: ha insultato il giudice durante il processo, si è beccata una pena ulteriore per aver mollato un calcio in faccia a una sorvegliante. Un giorno riceve una visita da una sconosciuta: è Lara, divorata dai sensi di colpa, che ha lasciato Blaine e si è messa sulle tracce della ragazza morta, cercando un modo per espiare i suoi peccati.
E via così. Sono tredici racconti intrecciati dalle vite dei personaggi, tutti diversamente falliti eppure pieni di passione, nella New York sporca, violenta e tossica degli anni Settanta. E non solo si incontrano tra loro. Tutti quanti, a un certo punto della propria storia, attraversano quella mattina e quel luogo, il 7 agosto 1974, alzano gli occhi al cielo e per un breve istante sono toccati dalla grazia. Perché quella del funambolo non è una provocazione, è un’opera d’arte. La città lì sotto sta toccando il fondo della miseria umana. E lui, sospeso per aria in una tuta nera, ha deciso di mostrarle che cos’è la bellezza.
Un altro racconto ancora parla di Tillie, madre di Jazzlyn e prostituta lei stessa, che è andata in carcere al posto della figlia confessando un furto mai commesso. Dopo l’incidente è angosciata per le nipotine, e la sua necessità immediata diventa uscire di prigione e occuparsi di loro. Ma Tillie non è una persona diplomatica: ha insultato il giudice durante il processo, si è beccata una pena ulteriore per aver mollato un calcio in faccia a una sorvegliante. Un giorno riceve una visita da una sconosciuta: è Lara, divorata dai sensi di colpa, che ha lasciato Blaine e si è messa sulle tracce della ragazza morta, cercando un modo per espiare i suoi peccati.
E via così. Sono tredici racconti intrecciati dalle vite dei personaggi, tutti diversamente falliti eppure pieni di passione, nella New York sporca, violenta e tossica degli anni Settanta. E non solo si incontrano tra loro. Tutti quanti, a un certo punto della propria storia, attraversano quella mattina e quel luogo, il 7 agosto 1974, alzano gli occhi al cielo e per un breve istante sono toccati dalla grazia. Perché quella del funambolo non è una provocazione, è un’opera d’arte. La città lì sotto sta toccando il fondo della miseria umana. E lui, sospeso per aria in una tuta nera, ha deciso di mostrarle che cos’è la bellezza.
Si ritrovarono in capannelli accanto ai semafori di Church e Dey Street; o raccolti sotto la tenda del negozio di Sam il barbiere o accalcati all’ingresso di Charlie’s Audio. Un piccolo teatro di uomini e donne si stringeva contro l’inferriata della cappella di St. Paul, altri sgomitavano per farsi spazio alle finestre del Woolworth Building. Avvocati. Ragazzi d’ascensore. Medici. Addetti alle pulizie o camerieri. Commercianti di diamanti. Pescivendoli. Puttane in jeans tristissimi. Ciascuno rassicurato dalla presenza del vicino. Stenografe. Operatori finanziari. Fattorini. Un fabbro nel suo furgone all’angolo tra Dey e Broadway. Un portalettere in bicicletta appoggiato a un lampione sulla West. Un alcolista paonazzo alla ricerca del primo goccio del mattino.
L’uomo si era sollevato dall’inchino e reggeva tra le mani una lunga barra sottile, la scuoteva soppesandola, facendola oscillare su e giù nell’aria, una lunga barra nera, così flessuosa che le estremità ondeggiavano, e aveva lo sguardo fisso sulla torre di fronte, ancora fasciata nelle impalcature, come un ferito in attesa di soccorso, e finalmente il cavo ai suoi piedi acquistò un senso agli occhi di tutti, e da quel momento niente al mondo li avrebbe potuti allontanare da lì, nessun caffè del mattino, nessuna sigaretta in sala riunioni, nessun passo felpato sulla moquette. L’attesa era diventata magica, e tutti lo osservavano mentre sollevava il piede fasciato in una scarpetta nera come un uomo in procinto di entrare nell’acqua calda e grigia. Sotto, gli spettatori inspirarono all’unisono.
L’aria parve improvvisamente condivisa. L’uomo lassù era come una parola a tutti nota, sebbene nessuno l’avesse mai udita.
E lui entrò nel vuoto.
***
Colum McCann, Questo bacio vada al mondo intero
Traduzione di Marinella Magrì, Rizzoli 2010
Traduzione di Marinella Magrì, Rizzoli 2010
E' un bel modo di sentirsi isole raggiungibili, catalizzati da un'aspirazione umana condivisibile per istinto e per scelta. Dalla bellezza. Viene voglia di leggere per vedere se funziona.
RispondiEliminaE che l'arte sia fatta di bellezza e brivido e azzardo, forse non é poi così scontato.
Ciao Capitano
Elena
A proposito di baci, questo libro mi ricorda un'altra raccolta di racconti. Quella di David Schickler, Baciarsi a Mahnattan. Anche se lì il trait d'union era il mitico Preemption Building - e l'ascensore Otis - e non il cavo d'acciaio teso tra le torri gemelle. (Kissing in Manhattan tra l'altro, negli USA, uscì proprio nel 2001.)
RispondiEliminaComunque la raccolta di McCann è già nella mia lista dei prossimi acquisti. Grazie della segnalzione capitano.
wil
Gran bel libro, anche se ho trovato il riferimento all'11 settembre assolutamente fuorviante.
RispondiEliminaNe ho parlato dalle mie parti, se per caso vi interessa:
http://mondobalordo.wordpress.com/2010/12/21/questo-bacio-vada-al-mondo-intero-di-colum-mccann/