giovedì 14 febbraio 2013

ALL'UOMO CHE CI HA INSEGNATO AD AMARE LA FABBRICA

Sono nato in questa città. 
Amo questa città come si può amare qualcuno a cui ci lega un vecchio rapporto di familiarità e di amicizia. È la città nella quale sono cresciuto. Ha dato forma alle mie passioni, alle mie speranze, alle mie angosce. Ammiro le parti belle e le parti misere del suo corpo, dai quartieri, alle case, ai muri, ai selciati. Ha una sua bellezza e una sua bruttezza, esterne, visibili, che sono l'incarnazione della sua storia, che si esprimono nei suoi caratteri fisici e che acquistano maggior senso nel confronto con altre città. Questa città è simile a un essere vivente, è un organismo che respira e si dilata sopra di noi come un mantello protettivo che ci avvolge e ci confonde nello stesso tempo.


Negli anni è diventata per me come un porto di mare, un luogo privato dal quale partire per altri mari, per altre città, per poi ritornare e quindi ripartire. Un porto cioè un luogo stabilizzato dove accumulare campioni prelevati, reperti e impressioni dei luoghi lontani. Immagini che si depositano nella memoria, come una sostanza che la città sa far propria e trattenere, ma che sa restituire metabolizzata in altre immagini, ricomponendo presente e passato, vicino e lontano, a piacimento, secondo le pulsazioni del cuore. Piccoli reperti di archeologia contemporanea.


Questa città mi appartiene e io le appartengo, quasi fossi un frammento fluttuante nel suo immenso corpo. Mi ossessiona un bisogno costante di conoscenza della sua fisicità, una necessità di rileggere di nuovo i tratti, le parti nascoste ma anche i luoghi noti e le sembianze più conosciute. Tra di noi c’è un varco aperto, che permette uno scambio continuo di percezioni, un punto di vista speciale. Talvolta ho l'impressione che si manifesti più nitidamente e all'improvviso dinanzi agli occhi, che mi informi del suo ingombro, della sua consistenza e della sua materia.
La città mi investe e mi abita.

(Gabriele Basilico, 1944-2013)
 


4 commenti:

  1. ciao Paolo, scusa se approfitto indebitamente di questo post, ma volevo sapere quando è prevista l'uscita del tuo libro 'il ragazzo selvatico'.
    grazie e a presto
    gabriele

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  2. Caspita, mica avevo capito che era morto! vabbè, le sue immagini restano e, come diceva Bene, il dolore è di chi resta.
    Mi hanno sempre colpito le sue foto, per la loro limpidezza dai significati un po' oscuri.

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  3. siamo i luoghi che abitiamo, che attraversiamo. I muri, i marciapiedi, i portoni circondano i pensieri e li condizionano, mettono loro le ali o gliele tagliano, a seconda dei colori, della luce, dell'odore. Amore e odio dipendono sostanzialmente da questo, oltre che dai ricordi che caracollano nello spazio indefinito dei passi e della memoria. Per me è così

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  4. Io fotografo il vuoto come protagonista di se stesso (…) perché solamente nel vuoto e nel silenzio si può arrivare a sentire e a vedere ciò che normalmente non si vede e non si sente.

    Sono state la percezione del vuoto e dell’assenza, l’esperienza spalmante della luce, a confronto con le ombre nette e profonde, a farmi entrare in vibrazione con la realtà e a farmi scoprire una percezione nuova e diversa dei luoghi industriali.

    Gabriele Basilico, Quaderni

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