lunedì 15 settembre 2014

MORTE DI UN UOMO FELICE

L'uomo felice (e vivo) oggi sono io.
Giorgio Fontana è un bravo scrittore, è milanese, ha trentatré anni, e ha appena vinto con merito e senza alcun gioco di potere il premio Campiello 2014. Basterebbero questi motivi per farmi esultare. In più, è un mio amico. Si sa che la scrittura è un lavoro solitario, ma succede che per età, luoghi, progetti condivisi, scelte piccole e grandi che poi sono scelte politiche, idee chiare su quali storie scrivere e anche sul come farlo, e infine per tutto il tempo passato insieme intorno ai tavoli delle trattorie, certi scrittori li senti tuoi compagni, come se esistesse davvero una generazione, e almeno in parte quello che facciamo fosse - sì - un lavoro collettivo.
Da un po' di tempo Giorgio ha individuato la sua strada e l'ha imboccata con decisione. Scrive di uomini che si interrogano su cos'è giusto fare. E scrive di Milano non soltanto perché ci vive, né perché la ama e la odia con identica passione, ma perché è proprio il posto perfetto per le storie che ha in mente lui. La capitale morale non lo è mai stata così tanto come nei suoi romanzi, teatro del dilemma su cos'è giusto e cosa no, cos'è privato e cos'è politico, cos'è lo stato e se sia il caso di difenderlo o combatterlo, e quanto si può rischiare nel farlo. Tanti citano Sciascia come modello, io ci aggiungerei Scerbanenco. Anche per la presenza ossessiva del paesaggio urbano, per le passeggiate che i suoi personaggi fanno quando le domande che hanno in testa sono troppe e allora è meglio uscire a camminare. In fondo tra i quartieri di Scerbanenco e Fontana - Porta Venezia e via Padova - ci sono solo le vetrine scintillanti di corso Buenos Aires, e il patibolo di piazzale Loreto. Milano potrebbe anche essere tutta lì. Da quanto tempo qualcuno non ne scriveva affrontandola di petto? E dell'Italia tutta vista da quassù?
Coraggio è una parola da spendere con attenzione parlando di scrittura, perché gli scrittori stessi conoscono le proprie furbizie e vigliaccherie, quello che si fa non per la storia ma per il lettore, per farsi voler bene e raccogliere qualche applauso. Di questa roba nella scrittura di Giorgio non ce n'è. È una scrittura senza compiacimenti, una voce pacata e ferma che va dritta per la sua strada. Giorgio ha tanti difetti - è interista e ha un vezzo ridicolo per la punteggiatura (le due cose naturalmente sono collegate), preferisce la birra al vino, si ostina a grattare le corde di una chitarra - ma virtù che non ho timore di nominare: è modesto, coraggioso, rigoroso, gentile. Le prime tre riguardano lo scrittore, la quarta l'uomo.
Leggete Per legge superiore e Morte di un uomo felice. E poi, se volete farvi un giro in via Padova, Babele 56. E poi tenetelo d'occhio perché ne arriveranno altri.
Non avevo alcuna fiducia nei premi letterari prima di oggi. Perciò mi viene da dire che questo premio non fa onore tanto a Giorgio, fa onore soprattutto al Campiello. Premiare l'editore meno potente, lo scrittore meno famoso, il libro più bello: non è questione morale anche questa, la scelta giusta a cui non siamo più abituati?

10 commenti:

  1. Sottoscrivo tutto, caro Paolo. Conosco Giorgio ed è seattamente come lo descrivi. Su un difetto, però, fatico a passar sopra: la passione per la birra più che per il vino.
    Ma tant'è... ::-)
    W Giorgio Fontana e onore a un libro bellissimo, e a un premio finalmente onesto.

    Luca Martini

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  2. bel pezzo, sicura prossima lettura. Grazie.

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  3. Queste cose commuovono sempre me e il mio stupore.
    Pezzo di una sensibilità e ironia che, mescolate a dovere, creano una dolcezza leggera.
    Ad averceli difetti come i suoi, parlo della punteggiatura, non dell'Inter.

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  4. Ciao Capitano, c'e' un gran bisogno di voci nuove, di voi, di questa generazione fatta di miei coetanei, gli stessi - davvero- con i quali ritrovarsi al tavolo di una trattoria. Io non conosco Giorgio Fontana, non ho ancora letto niente di suo, leggero' "Morte di un uomo felice", e mi piace pensare che presto avro' un amico in piu'. E' molto bello quando un amico ti presenta un suo amico, ed e' sempre un gran piacere ritrovarti, soprattutto così felice, a presto. Sebastiano

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  5. Già mi ispirava e con una presentazione così non resta che leggerlo quanto prima!

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  6. sottoscrivo tutto ciò che dici paolo.Aggiungo soltanto da ex sessantottino (tanto per identificarmi e prendermi un po' in giro) che quegli li ha vissuti in diretta che mi ha emozionato profondamente la maturità e la consapevolezza con cui Giorgio scrive di anni che ha conosciuto solo in sede storica.Che sorpresa!

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  7. splendido commento a un libro stupendo (come i panini che Colnaghi mangia davanti a Palazzo di Giustizia)

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  8. "Perciò mi viene da dire che questo premio non fa onore tanto a Giorgio, fa onore soprattutto al Campiello."

    E' sempre così, l'onore dico: è Einstein a fare grande il Nobèl per la Fisica. Non viceversa.

    P.S.: anche io mi ostino a grattare le corde di una chitarra e questo NON è un difetto, boia di un mondo.

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  9. il Campiello è sempre un premio pulito, con una giuria letteraria autorevole e una giuria popolare amplissima. perché parlare di editori potenti e non di buoni libri? non può forse accadere che gli editori diventano potenti perché scavano vie per i libri destinati a restare? scusatemi, ma pur apprezzando tanto Giorgio Fontana e te, Paolo, trovo che ci sia una retorica facile in queste tue parole. e mi addolora che uno spirito libero come il tuo capiti tra le maglie del politically correct editoriale.

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  10. Ciao Anonimo,
    se vuoi un confronto sarebbe giusto firmarti, non è bello discutere con una persona senza nome. Dal tono del tuo intervento mi pare che tu sia coinvolto personalmente nel premio, è così? Se ti ho offeso ti chiedo scusa ma non cambio idea, anzi sono appena andato a verificarla e qui ti posso riportare i dati.
    Un editore non diventa potente perché pubblica buoni libri (quest'idea non è da spiriti liberi, è da anime candide): casomai diventa prestigioso, apprezzato, ammirato, come è successo ad alcuni piccoli editori italiani. Ma un editore potente è semplicemente un editore ricco, in grado di occupare gli spazi nelle librerie, sui giornali, ai premi. Questo è il potere in editoria. In Italia, di questi editori o gruppi editoriali ce ne sono quattro. Ora in seguito al tuo intervento sono andato a controllare gli ultimi 20 vincitori del Campiello prima di Giorgio, e ho trovato questi risultati: 8 volte ha vinto il gruppo Mondadori, 5 volte il gruppo Rizzoli, 4 volte l'editore Feltrinelli, 3 volte il gruppo Gems, 1 volta l'editore Sellerio. Il risultato è 20 a 1 (c'è stato un ex-aequo).
    Uno spirito libero ritiene impossibile che il libro italiano più bello sia ogni anno pubblicato da uno di quei quattro gruppi editoriali. Per la legge delle probabilità, e secondo la mia esperienza di lettore, ogni tanto il capolavoro spunta nell'immenso mare dei piccoli editori, che in Italia sono moltissimi, ma i grandi premi non li vincono mai. Se sei convinto che il Campiello sia un premio pulito, aperto a tutti, in cui viene valutata soltanto la qualità di un libro, sei capace di spiegarmi perché?

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