lunedì 17 luglio 2017

I DISTRUTTORI

(Questo pezzo è uscito su Robinson del 16 luglio)

C'è un ultimo vallone selvaggio ai piedi del Monte Rosa, esiste da sempre e tra poco non esisterà più. Ora che sono lontano, su un treno che attraversa una pianura che non so guardare, posso chiudere gli occhi e ritrovarmi nel paese di Saint-Jacques, in fondo alla Val d'Ayas, dove l'Evançon è ancora torrentizio, tumultuoso, l'acqua grigia e verde di ghiacciaio. Lassù un ponte di tavole attraversa il fiume e una mulattiera sale nel bosco tra le radici dei larici. Supera un albergo d'inizio Novecento, lusso di poeti e regine, chiuso per sempre col suo secolo glorioso; una colonia dai muri in sasso grigio, dove nessun ragazzo da tempo è stato più visto giocare; una stalla in cui i pastori dell'est accudiscono le bestie d'altri. Ma le cose degli uomini non mi commuovono quanto quelle della montagna, né s'imprimono con tanta forza nella memoria: poco più su il bosco finisce e il sentiero sbuca in una conca che è un piccolo gioiello segreto. Vedo i pascoli del Pian di Tzére (il modo in cui un torrente rallenta e s'incurva in un prato, le sue anse sabbiose, la parola ruscello a cui si concede, prima che un salto di roccia lo renda di nuovo torrente, acqua bianca di schiuma che precipita giù), la pietraia di grandi lastre piatte che una volta ho risalito col mio amico montanaro, ognuno per la sua la strada fino alla cascata (qualcosa ci aveva divisi e quel giorno non parlavamo, camminavamo lontani, forse entrambi speravamo che la montagna risolvesse le cose al posto nostro), il ghiacciaio che in alto sporge dagli strapiombi, bianco lucente sulla roccia nera e marcia, con i blocchi che nel pomeriggio si staccano e si schiantano di sotto (il ritardo del rumore per la distanza: vedere prima il bagliore del ghiaccio che cade, come un lampo, e poi sentire il brontolio del tuono). Ricordi che d'inverno tornano nei miei sogni di città: le torbiere intrise d'acqua di fusione e il sentiero che s'impantana, la montagna che verso i tremila metri è tutta gobbe morbide, morene, avvallamenti. Ho sognato le distese di erioforo in agosto, i fiocchi bianchi che ondeggiano sull'acquitrino come campi di cotone selvatico, e poi il gran lago cupo, nero di nuvole e verde di silice, il verso stridulo dei gracchi nel vento. In riva al lago ho scritto una scena sul mio quaderno, quella in cui Bruno grida alla montagna che lui se ne andrà di lì: l'ho fatto anch'io per sentire come suonava, ho ricevuto l'eco del mio grido e ho visto i camosci fuggire spaventati oltre il colle delle Cime Bianche.
Ora tutto questo non esisterà più perché il vallone, che prende nome proprio da quel colle, sarà sacrificato come tutto il Monte Rosa allo sci di discesa. In effetti è un miracolo che esista ancora perché appena al di là, oltre la cresta da cui ho visto i camosci scappare, c'è Cervinia con i suoi impianti e i suoi alberghi, e di qua comincia un comprensorio che unisce Ayas, Gressoney e Alagna: valli che furono un crocevia di lingue e popoli, dove oltre al piemontese e al patois valdostano si parla il tisch dei walser che nel '300 emigrarono a sud del Monte Rosa in cerca di terre coltivabili. Valli di pastori e contadini che cominciarono ad arricchirsi quando, nel Novecento, la villeggiatura in montagna divenne cosa da signori, e lo sci una moda sempre più popolare. Ora per quei villaggi a duemila metri, accanto alle case di legno e e pietra dei walser, passano le piste di due grandi aziende della neve, un'industria turistica da milioni di clienti all'anno, separate solo da questo angolo selvaggio di mondo. Grazie a quella funivia si fonderanno e forse clientela e fatturato cresceranno ancora. Ci credono i politici e gli amministratori locali, ci puntano gli imprenditori, ci sperano i miei amici montanari che hanno un bar o qualche stanza da affittare, o fanno i maestri di sci, o lavorano come operai agli impianti. Questa per me è la parte più dolorosa della storia, perché non c'è un grande nemico, non uno stato o una multinazionale contro cui battermi, ma i miei amici e vicini di casa, il loro lavoro, la loro idea di futuro.
Poi ci sono gli sciatori, che qui da noi sono numeri e nient'altro: ogni giornata di ognuno di loro vale una certa somma, perciò basta contarli quando imboccano la valle e fare il calcolo, e così si sa quanti soldi portano alla montagna. Ma lo sanno gli sciatori come si fa una pista da sci? Io credo di no, perché altrimenti molti di loro non sosterrebbero di amare la montagna mentre la violentano. Una pista si fa così: si prende un versante della montagna che viene disboscato se è un bosco, spietrato se è una pietraia, prosciugato se è un acquitrino; i torrenti vengono deviati o incanalati, le rocce fatte saltare, i buchi riempiti di terra; e si va avanti a scavare, estirpare e spianare finché quel versante della montagna assomiglia soltanto a uno scivolo dritto e senza ostacoli. Poi lo scivolo va innevato, perché è ormai impossibile affrontare l'inverno senza neve artificiale: a monte della pista viene scavato un enorme bacino, riempito con l'acqua dei torrenti d'alta quota e con quella dei fiumi pompata dal fondovalle, e lungo l'intero pendio vengono posate condutture elettriche e idrauliche, per alimentare i cannoni piantati a bordo pista ogni cento metri. Intanto decine di blocchi di cemento vengono interrati; nei blocchi conficcati piloni e tra un pilone e l'altro tirati cavi d'acciaio; all'inizio e alla fine del cavo costruite stazioni di partenza e d'arrivo dotate di motori: questa è la funivia. Mancano solo i bar e i ristoranti lungo il percorso, e una strada per servire tutto quanto. I camion e le ruspe e i fuoristrada. Infine una mattina arrivano gli sciatori, gli amanti della montagna. Davvero non lo sanno? Non vedono che non c'è più un animale né un fiore, non un torrente né un lago né un bosco, e non resta nulla del paesaggio di montagna dove passano loro? Chi non mi crede o pensa che io stia esagerando faccia un giro intorno al Monte Rosa in estate: sciolta la neve artificiale le piste sembrano autostrade dai perenni cantieri, circondate da rottami, edifici obsoleti, ruderi industriali, devastazioni di cui noi stessi malediciamo i padri.
Ora, lo scambio per i montanari è chiaro. I soldi dello sci e del cemento, o l'integrità dal valore incerto del paesaggio di montagna? È almeno dagli anni Venti del Novecento che sulle Alpi abbiamo scelto: da un secolo preferiamo i soldi, seguendo un modello economico che bada al presente e trascura il futuro, perché ormai sappiamo tutti – questa è la differenza tra noi e i pionieri, loro potevano essere in buona fede e noi no – che tra altri cent'anni la vera ricchezza non saranno le piste che abbiamo costruito, ma la montagna che abbiamo lasciata intatta. Ne ho la prova ogni volta che accompagno nei luoghi del mio romanzo i giornalisti stranieri, esterrefatti che nel cuore dell'Europa possa esistere un mondo selvaggio di tale bellezza, e sono certo che verrebbero in tanti ad ammirarlo, se fosse un parco. Lo dico con affetto ai miei amici montanari: fermatevi, pensate ai figli. L'integrità di quel vallone per loro varrà mille volte di più di qualsiasi pista costruirete, quella è la vera eredità che gli spetta, il patrimonio che gli state portando via: vorranno sapere che cos'era un torrente, un lago, una distesa di erioforo, che rumore faceva un blocco di ghiaccio quando cadeva dallo strapiombo per schiantarsi sulle rocce. Da quei figli non sarete ricordati come portatori di prosperità e progresso, sarete ricordati come i distruttori. Chiedetevi se è questa la memoria di voi che volete lasciare.


46 commenti:

  1. non posso che condividere il senso ed anche il pezzo, il grido di aiuto. conosco la valle ed i bellissimi luoghi, come conosco altri luoghi dell'amato Monte Rosa. Diciamo che conosco anche la mentalità montanara...
    Grazie Paolo
    marinella (Ravenna)

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    1. Il problema è che si continua a investire nella monocultura dello sci anche se - ormai da tempo - si sta sempre più diffondendo l'idea di un turismo diverso, più rispettoso e naturale. Gli amministratori locali sono vecchi (se non come età, come mentalità), e legati a vecchi modi di intendere il progresso. Ma gli sciatori stanno diminuendo, perché la crisi ha toccato tutti, e quel che è peggio, sta diminuendo anche la neve...

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  2. Ho scoperto l'intenzione di questo scempio una decina di giorni fa parlando dell'amata Val D'Ayas con un mio medico specialista che ha una casa a Saint-Jacques. E' arrabbiatissimo, non lo avevo mai sentito usare turpiloquio. In quell'occasione ti abbiamo nominato, abbiamo pensato che tu avresti fatto sentire la tua voce. E così è stato: bravo! Speriamo che qualcuno di dovere la ascolti. Speriamo.

    Francesca

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  3. Ho letto questo articolo per caso ieri, l'ho letto perché le montagne sono casa per me ovunque si trovino. Sono originaria dell'Appennino marchigiano, i luoghi distrutti dal sisma, io l'ho sentita la voce potente della terra che trema, ma la natura e le mie montagne sono una carezza sul cuore, lo sono da sempre. Oggi lo sono ancora di più. La città, la mia, l'ho sempre poco "tollerata" e mai davvero amata. Non mi appartiene. Non conoscevo il tuo nome, Paolo, non sapevo che avevi vinto il premio Strega, non volermene, troppo presa come sono dall'immergermi nel mondo naturale e nei libri che lo contemplano. L'articolo, ho detto BRAVO!, Sì, sì, sì... ci vuole che il mondo della letteratura alzi la voce per proteggere questi ultimi lembi di paradiso che da centinaia di anni stanno a guardia di ogni essere vivente che li popola. Noi però unici esseri ingrati al suo sguardo. Il mondo della letteratura e il mondo della scienza e tutte le persone dedite alla protezione ambientale. Un'unica grande voce che si solleva.
    GRAZIE PAOLO! Grazie della tua voce controcorrente, grazie per queste righe, una ad una scorrono limpide e chiare come il torrente che solca la tua valle, la mia valle e tutte le valli che ciascuno può avere nell'anima.
    Continua così, continua a difendere e a narrare le montagne. E soprattutto tramanda questo pensiero affinché diventi parte essenziale della nostra cultura.
    Ciao
    Marina
    Monti Sibillini

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  4. Il brutto è che lo faranno perché pensano che tanto i figli a cui lasceranno la montagna saranno i loro figli, i figli di tr...trota

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  5. ...sto leggendo "Le otto montagne". E lo sto facendo perchè amo le montagne. Perchè mi ritrovo in molte tue parole, in tanti racconti. Perchè so cosa significa quell'amore, che nasce con te quando i tuoi genitori lo hanno provato e continuano a provarlo. Quando tuo papà ti ha cresciuta dicendoti: "Bisogna portare rispetto per la Montagna". Scritto con la lettera maiuscola, come una sorta di divinità o di un essere umano vivente. Anzi..meglio degli esseri umani sicuramente.
    Ti seguo sul blog. E ieri, comprando "La Repubblica", trovo in copertina il tuo articolo..e mi vengono i brividi. Perchè, bambina, sono cresciuta nei 10 giorni di colonia estiva alla Pensione Belvedere di Fiery..per tre anni. Ci portava la parrocchia..camere in comune, sveglia la mattina presto e a camminare...Cresciuta, la prima volta che i miei genitori mi hanno concesso un week end col mio fidanzatino (mio attuale marito), sono tornata lì, a far conoscere quella parte di Valle d'Aosta che mi era rimasta nel cuore. E..due anni fa una delle nostre vacanze estive, a camminare zaino in spalla tutto il giorno, siamo tornati in Val d'Ayas, ad Antagnod. E nelle nostre escursioni, siamo tornati a passare davanti alla Pensione Belvedere...i ricordi vivi, impressi, mai cancellati. Una sera conosciamo una guida alpina del luogo. Che ci racconta la storia di cui parli. E noi ad annuire ad ogni sua parola, concordando con lui.. con te.. e come te a pensare che ahimè ci sono le piccole attività di un luogo che devono "tirare avanti" e che capisci anche loro...ma...no, deve poter andare in altro modo. Con lo schifo di impianti che distruggono i nostri paradisi, immacolati, laddove puoi arrivare solo tu, il tuo zaino, i tuoi scarponi.. e dove non esistono cemento, rumore, soldi, ma solo il profumo dei fiori, dell'erba, il volo di un falco, le mucche al pascolo, il rifugio gestito da chi ancora porta le provviste in spalla..una croce sulla cima, il quaderno per le firme..il timbrino da applicare orgoglioso sulla tua guida cartacea...tutto questo prima o poi si perderà. E la tristezza che ora mi inumidisce gli occhi mentre scrivo, è che ci saranno tanti bambini, tanti nuovi adulti, che non hanno conosciuto e non conosceranno mai questo, perchè non si sono mai innamorati della montagna, perchè non hanno avuto la nostra fortuna di avere un papà che ti portava, magari anche controvoglia, a camminare e ti ingannava con i suoi: "Forza, dai, siamo quasi arrivati, vedi lì dietro la cima?" e ti ricordava, ancora una volta, sempre, che ...bisogna portare rispetto alla Montagna. Ancora. Sempre. Grazie a mio papà. E grazie a te, Paolo, con i tuoi scritti ci fai sentire parte di un'unica famiglia, spero ancora e magari sempre più grande.

    Lucia

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  6. Ti ringrazio per la cruda esaustività del pensiero.
    Un monito agli sciacalli, quelli passati, contemporanei e a venire.
    Continuiamo a cercare il risveglio

    Andrea / Venezia

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  7. Grazie Paolo, conosco il vallone ma non sapevo ci fosse un progetto di impianti da sci. E mi viene male al cuore.
    Nelle Alpi pero' ci sono progetti di impianti previsti ma non andati in porto, spesso per la volonta' di persone che si sono mosse. Ho in mente il Monte Roen in Val di Non, Trentino (certo una situazione molto diversa, non cosi' appetibile in quanto nessun collegamento tra mega comprensori). Avevo anche letto, su uno studio della CIPRA, di una montagna (svizzera? austria?...) convertita a un turismo piu' sostenibile senza impianti, un esempio di successo e sostenibilita'. Dai, diamoci da fare!

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    1. Il monte Dobratsch , vicino Villacco e al confine con il Friuli, un ottimo esempio di conversione !!

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  8. Caro Paolo, si può essere un grande scrittore ma si possono anche scrivere delle sciocchezze che a volte offendono le persone. Vai a verificare in varie valli italiane e estere impianti costruiti che non sono invasivi, consentendo agli sciatori, che non inquinano, di godere delle bellezze, che tu descrivi tanto bene, e nel contempo di praticare uno sport bellissimo. Se il tuo pensiero avesse dei principi validi allora si dovrebbe vietare anche la sport della vela perché la tua vista del mare sarebbe rovinata da quegli sciagurati di velisti che godono nell'affrontare e domare le forze della natura per governare un'imbarcazione. Ho solo un consiglio da darti: esci, pratica uno o piu sport a contatto con la natura e godi di questo pianeta meraviglioso. Stando giustamente attento che non vengano compiuti degli scempi paesaggistici. Ma conosco gli amici valdostani, che quando vogliono sanno fare e costruire cose egregie. Un abbraccio Alberto Crugnola

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    1. Caro Crugnola, quando Lei scrive che "gli amici valdostani,quando vogliono, sanno fare e costruire cose egregie" ha ragione, vedi la Shyway, ma qui un impianto esisteva già e il successo ha ampiamente ripagato i costi. Io sono nato in valle e sono una persona che dello sport ne ha fatta una ragione di vita e questo vallone lo conosco bene in ogni stagione, a piedi, in bici e con gli sci alp e quello che manca qui non é un collegamento sciistico ma un sentiero più curato e quello che più contesto di questo progetto é che per usufruirne in futuro saranno necessari migliaia di mc di acqua per la neve artificiale. Ma Lei lo sa che al rifugio Theodule a quota 3317 mt slm si spara la neve con i cannoni articiali? La nostra regione è composta da tante valli laterali e ognuna di esse ha ulteriormente dei valloncelli al suo interno Per renderle meglio l'idea solo nella val d'Ayas non c'è più un valloncello da Brusson in su che non abbia un rifugio o un impianto da sci e se andiamo avanti così i prossimi interessati saranno il vallone di mascognaz o del frudiere (Graines) o più giù il Dondeuil o Resi.Quello che bisogna capire è che i ghiacciai si stanno ritirando vertiginosamente e che nei prossimi anni pioverà ad alta quota e la neve articiale non si potrà nemmeno più fare ma l'impianto esisterà e rimarrà in stato di abbandono come le opere costruite per le olimpiadi invernali sparse per il mondo. NO cari signori...la valle d'Aosta non ha bisogno di questo, non ha bisogno di essere conosciuta come il terzo comprensorio sciistico più grande al mondo...quello di cui ha bisogno è di essere conosciuta nel mondo e con i soldi che si spenderebbero per costruire questo progetto potremmo fare tanto di quel marketing serio che servirebbe a portare turisti da tutto il mondo a fargli conoscere le nostre bellezze naturali e allora sì che in questo caso si vedrebbero i suoi citati amici valdostani che sanno fare le cose egregie. Fabbricati storici, miniere e altri siti restaurati, alberghi e hotel, una manutenzione accurata del territorio e sentieristico...queste sono le vere opere di cui c'è bisogno...gli impianti che abbiamo soprattutto quelli a quote più basse, ormai la metà si sta parlando di tenerli chiusi durante la settimana...non è un segnale più che sufficiente per capire lo sci ha un destino nel prossimo futuro ? E a dirlo sono io che lo pratico e ne sono amante ma praticando lo sci alp ormai mi sono reso conto che solo negli ultimi anni recenti è cambiato molto e non ritengo sia più un settore su cui investire somme ingenti a scapito della natura. Poi caro Alberto, mi creda, in valle d'Aosta siamo bravi a buttare i soldi in opere incompiute come il trenino di Cogne (35 milioni di euro ) sul quale oggi si vuole ritornare ma costruendo un ulteriore funivia di collegamento tra pila e Cogne. O vogliamo parlare dell'aereoporto ?...O l'abbandono della tratta ferroviaria Aosta Pré St-Didier ? In passato i verdi contestavano la costruzione del prolungamento autostradale da Aosta a Courmayeur...io ero contro i verdi nonostante sono un amante del territorio perchè in quel caso il beneficio ambientale e di utilizzo è stato più grande di quello economico...qui il collegamento di cime bianche non ha questo futuro ||
      L'esempio dello sport a vela che Lei ha fatto non sta in piedi nemmeno ad averlo pensato.
      Le do io un consiglio caro Alberto...se Lei è un escursionista si alzi alle tre di mattina e si faccia a piedi tutto il vallone di St-Marcel fino al colle omonimo e si goda l'alba nel silenzio e nei profumi della natura...e la domenica successiva si faccia invece una escursione partendo da St-Jacques fino al colle bettaforca...forse capirà la differenza !
      Enrico

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  9. Alberto, se tu portassi degli argomenti seri e degli esempi documentati non avresti bisogno di insultare. Gli impianti di risalita sono invasivi per definizione: una pista da sci è fatta con le ruspe, con l'acciaio e col cemento, dimostrami il contrario se puoi. La vela non c'entra nulla, non prevede nessun intervento sul mare, la paragonerei piuttosto allo sci alpinismo che apprezzo molto. Al tuo abbraccio dopo l'arroganza mi sottraggo, abbracci l'aria.

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    1. Caro Paolo, se tu leggessi bene quanto ho scritto capiresti che non insulto nessuno e tantomeno te. Anzi, mi sembra che siano le tue parole un po' sopra le righe. Io AMO la montagna come te e mi piace viverla in tutto i suoi aspetti, in inverno sciando e in estate facendo passeggiate. Anch'io sono milanese, e propongo di incontrarci a Milano per discuterne serenamente, insieme ai favorevoli e ai contrari al progetto. Sono sicuro che abbiamo tanti punti in comune e potremmo chiarirci. Ciao Alberto

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    2. Paolo grandissima anima umana, che poche ancora si riescono ad incontrare. Non mollare, continua a raccontare la piccolezza dell' uomo avido ed egoista e la grandezza della montagna anche se triste, lei che a breve non avrà più acqua e linfa da regalarci e noi, capiremo allore che i nostri soldi non comprano la vita. Ti rignazio di cuore per le tue parole. Lidia

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    3. Alberto, cerco di stare nelle righe perché capisco che non conosci la mia storia: abito in Val d'Aosta ormai da dieci anni, in una baita che d'estate sta in mezzo a un pascolo, d'inverno a una pista da sci. Ho i cannoni fuori dalla porta, i gatti delle nevi che mi svegliano di notte in gennaio e le ruspe che in agosto scavano e spianano per voi sciatori. Per questo quando mi dici "esci" mi arrabbio, e quando scrivi "sciocchezze" mi offendo: ci vedo l'arroganza di un cittadino che vuole spiegarmi che cosa vedo dalla mia finestra. Io a Milano non vengo, vieni tu a Estoul: ti faccio fare un giro sulla mia pista e tu mi spieghi come può non essere uno schifo.

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    4. Capitano ma cercare una casa non su una pista da sci era troppo difficile???? La montagna è grande sai......di zone senza piste da sci e cannoni spara neve è pieno......poi mi pare tu abbia vissuto parecchio a New York......torni in montagna e ti scopri il Mauro Corona de no altri......ci vuole anche un pò di coerenza nella vita.......

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    5. Se mi compro una casa di fianco ad un'autostrada, poi non mi posso incazzare perché c'è sempre rumore.....o meglio, posso solo incazzarmi con me stesso.....non credo che qualcuno ti abbia costretto con la forza a prendere casa su una pista da sci.....

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    6. Ultima cosa capitano: ti consiglio di leggere cosa ne pensano di te e del tuo libro sciatori e gente che ama, conosce e vive la montagna da sempre.....
      Rifletti.....

      http://www.skiforum.it/forum/showthread.php?t=87929

      http://www.skiforum.it/forum/showthread.php?t=87928

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  10. In una valle vivono animali e piante e altra vita ancora, quella è la loro casa. Specie animali e vegetali si stanno estinguendo ad un ritmo acceleratissimo, il più veloce nella lunga storia della Terra, e gli scienziati parlano di sesta estinzione di causa antropica. Questa è generata anche da infrastrutture giganti e impattanti quali quella che è stata pensata per questa valle. Il problema è globale, il problema è la nostra stessa sopravvivenza, perché con questo ritmo di distruzione e scempio di luoghi naturali ancora intatti, di esseri viventi, di ecosistemi che hanno retto e ci hanno dato la possibilità di vivere su questo pianeta, con tutto questo che verrà sempre meno, verremo inesorabilmente meno anche noi. Penso alle foreste, i grandi polmoni della Terra che generano l'aria che noi respiriamo... per le logiche economiche le stanno abbattendo a ritmi serrati in Amazzonia, nel Sud Est asiatico, ovunque, foreste primarie i cui equilibri sono dettati da una fitta rete di interconnessioni tra gli esseri viventi, animali, piante collegati per la sopravvivenza. La sopravvivenza. Questo è il punto. Noi proveniamo dalla natura. E siamo l'unica specie al mondo che, scioccamente, stupidamente, ciecamente e contro ogni istinto di sopravvivenza sta consumando le sue risorse di vita. E allora bisogna iniziare a pensare partendo dalla conservazione della natura che circonda il nostro piccolo, bisogna avere la lungimiranza di pensare in modo saggio, di informarsi su cosa sta realmente accadendo nel pianeta a causa nostra. La natura non va pensata come una madre che dà all'infinito, che ci nutre e che possiamo sfruttare ad oltranza. La natura è qualcosa di molto complesso e vitale e ci sono voluti milioni di anni per generare le meraviglie che osservi scendendo con ad esempio con i tuoi sci. Siamo noi che dobbiamo fermarci, Alberto, fare un passo indietro, tocca a noi la responsabilità di dare un futuro a queste meraviglie millenarie, che sono sopravvissute e si sono evolute con enormi fatiche generazionali per arrivare a oggi, questo significherebbe anche darci un'ultima possibilità.
    Per coloro che desiderano informarsi davvero su cosa sta accadendo sotto i nostri occhi:

    Elizabeth Kolbert, La sesta estinzione, Beat 2016

    Edward Wilson, Metà della Terra. Salvare il futuro della vita, Codice Edizioni, 2016.

    Ciao
    Marina
    Monti Sibillini

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  11. bel pezzo da condividere su FB e far leggere! I fautori delle piste nel Vallone delle Cime Bianche (e degli annessi piloni, parcheggi, invasi, ecc.) non si rendono conto che la montagna cementificata ormai non vende più: Cervinia, Valtournenche, Ayas sono piene di case che nessuno compra... (https://www.immobiliare.it/Aosta/vendita_case-Valtournenche.html?criterio=dataModifica&ordine=desc)

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  12. Non credevo, non credevo proprio che alla fine lo avrebbero fatto. Pensavo si sarebbe riusciti a farli ragionare. Gli abitanti della val d'Ayas non meritano la loro valle. Dopo lo scempio edilizio di Mascognaz e l'orrida carrozzabile degli anni 90 credevo che avessero dato fondo al peggio del peggio. Si vendono la loro madre. E invece anche l'insano proposito di congiungere il comprensorio a Cervinia atteaverso le cime bianche verrà realizzato. Paolo ti ringrazio per aver dato voce a quello che è anche il mio sentire.

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  13. sono dei poveri illusi che si stanno tagliando l'erba sotto i piedi: il mega comprensorio fa ridere visto che già adesso la maggior parte degli sciatori che sale da Valtournenche arriva a fatica a Zermatt e quelli di Alagna ad Ayas. Guardino le esperienze di posti famosissimi (e molto più ricchi) che sono privi di megacomprensori sciistici: Chamonix e Engadina tanto per fare due nomi...

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  14. Cognetti ho divorato Le otto montagne che spero presto diventi un testo obbligatorio nelle scuole e ho letto con grande interesse l'articolo di domenica su Repubblica. Da sciatore, amante della montagna, la sua avversione per lo sci la trovo eccessiva. Ok gli impianti e le piste consumano il territorio però permettono alle persone di godere di una meraviglia del creato. Se non ci fossero gli impianti in pochi conoscerebbero il Plateau Rosa oppure la Marmolada, il Sassongher. Senza impianti Ra Valles rimarrebbe un posto noto solo agli alpinisti. Io la apprezzo molto però non mi riconosco nella rappresentazione che ha lei dello sciatore. Io parlo di montagna tutti i giorni, conosco tutte le montagne dove scio. Ho un interesse reale per le problematiche dei posti dove pratico lo sci. Io come tanti miei amici. Ripeto lo sci, gli impianti e le piste hanno un valore che non è solo economico ma anche emozionale, culturale. Io le vorrei far passare una giornata sugli sci come me per trasmetterle le emozioni che provo. Lo sciatore non è solo consumatore di impianti e discese è anche molto altro mi creda. Saluti e complimenti.

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    1. Nino, in cima al Sassongher, alla Gardenaccia, al Lagazuoi, ecc., io ci sono arrivata a piedi. Senza gli impianti solo chi ci tiene veramente arriverebbe lassù.

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  15. Ok Francesca però io contesto questa visione a parer mio miope dello sci e dello sciatore. Lo sciatore non è solo un consumatore di impianti e discese. Mi sembra pacifico. Come è pacifico che in Italia come in Francia e Spagna la montagna sia stata massacrata dal cemento e dal turismo di massa. Ma non è ovunque. Ci sono realtà e realtà. Poi se un giorno Cognetti vorrà organizzare un incontro con noi sciatori io credo che saremo felicissimi di confrontarci con lui.

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    1. Breve, concisa, significativa risposta. Sottoscrivo

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  16. "Lo sciatore non è solo un consumatore di impianti e discese."
    Bè, in gran parte lo è, a mio avviso.
    "Ma non è ovunque. Ci sono realtà e realtà."
    La montagna "ricca" dell'Est pullula di impianti. E anche nel resto delle Alpi sono rarissime le zone rimaste selvagge.
    Io frequento la montagna d'estate e vedo com'è l'andazzo: puoi contare sulle dita di una mano chi si alza la mattina presto per intraprendere sentieri. La maggior parte dei turisti fa con comodo: tanto ci sono gli impianti. Alla faccia del mettersi alla prova, misurarsi, affrontare i propri limiti.

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    1. Ripeto Francesca a te e a Concetti che io amo lo sci e amo la montagna. Reputo lo sci la cosa più bella che si possa fare nella vita. Lo sci è libertà, adrenalina ma anche il rumore della neve, il freddo, profumo di montagna. È tante emozioni. E io amo il Sassongher che alle 7 di mattina è sempre in ombra. Amo il Sasso Croce sopra a Badia e la Gardenaccia dove io e la mia compagna abbiamo capito che la nostra vita da quella semplice pista sarebbe cambiata. E come tanti sciatori amano e si commuovono a pensare alle loro montagne. Posti del cuore oltre che dello sci.

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    2. Conosco benissimo i luoghi che hai citato, sono luoghi che anche io amo, come conosco il Vallone delle Cime Bianche. Proprio perché lo annovero tra i posti del cuore mi spiace venga devastato. Vedi, abbiamo perso il lato selvaggio e trasformiamo la montagna a nostra immagine.

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    3. Una montagna ammantata di neve non rivela tutto lo scempio lasciato dalle piste. Bisognerebbe frequentarla dopo il disgelo per comprendere quanto un industria dello sci sviluppata senza valutazioni di sostenibilità, sia deturpante per un bosco.

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  18. Grazie Paolo per questa riflessione, per questa presa di posizione. Specie quando scrivi "Questa per me è la parte più dolorosa della storia, perché non c'è un grande nemico, non uno stato o una multinazionale contro cui battermi, ma i miei amici e vicini di casa, il loro lavoro, la loro idea di futuro". Un dolore che ho provato molte volte.
    Io sono abruzzese, nato sulle montagne abruzzesi, poi vissuto a lungo a Roma. Ora mi divido tra Roma e l'Abruzzo. Sono stato educato da bambino al valore delle Aree protette e dei Parchi, e poi a tredici anni sono diventato anche uno sciatore, sport che pratico non spesso ma che mi diverte molto.
    Quest'anno ero sui quattro passi dolomitici per qualche giorno di sci. Una mattina ero su una seggiovia in val gardena, sotto il Sassolungo, in quegli alti pianori stupendi tra la val gardena e la val di Fassa, ero sulla sedia e guardavo in basso il manto nevoso formato da una nevicata fresca illuminato dalla bella luce del mattino presto. Ero sovrapensiero: c'era qualcosa di strano, una sensazione che non capivo. Poi mi fu chiaro: tutto il mando nevoso era intatto, liscio, perfetto, non c'era l'impronta di un animale; e in quello stesso istante ho pensato ai piccoli pianori erbosi tra i boschi del mio appennino nel Parco d'Abruzzo, sarebbero stati comli di impronte selvatiche: cervi, lepri, martore, tassi, lupi e forse orsi. Riguardai il Sassolungo e ho pensato a come sarebbe potuto essere quel luogo a metà ottocento, di una bellezza ancora più sconvolgente di quanto non fosse ora. Non solo un paesaggio imponente, spettacolare e quasi astratto, ma anche vivo, e in qualche modo segreto. HO pensato in quel momento che di fronte a una scelta, il divertimento dello sci lo abbandonerei senza neppure l'ombra di un dubbio.
    E ho deciso di cominciare a fare sci alpinismo.
    Saluti a tutti,
    Nicola

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    1. Hai vissuto un momento molto importante, su quella sedia.
      Una illuminazione.
      Sono quei momenti che talvolta accadono.
      Momenti preziosi.
      Grazie per la condivisione.

      Gianni Tiziano

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  19. Messaggio ai frequentatori del blog: rispetto tutti i commenti, tranne chi insulta, minaccia, provoca senza firmarsi con nome e cognome. Cancello a mia discrezione i commenti anonimi. Buon proseguimento.

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  20. In altri paesi del mondo si va in direzione contraria ai grandi comprensori. In Italia, come accade spesso, siamo sempre gli ultimi. È l'economia di un turismo che in modo miope vuole tutto subito senza un minimo progetto a lungo termine, un investimento fallimentare già in partenza. Le ultime volte che sono stato in Valle ho visto pullman di turisti Russi e in generale stranieri. Ecco facciamo scempio di quel che ci rimane, barattandolo con i soldi degli stranieri; una volta finiti i soldi ci rimarranno solo i cocci di una montagna violentata, che magari ci porta il conto a valle...
    Grazie Paolo

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  21. Temo che siamo andati un po' tutti sopra sopra le righe. io io io ... sono sicuro che ciascuno di noi ha 1000 ragioni validissime che ritiene più importanti degli altri. purtroppo la montagna come pure le zone rurali stanno morendo mentre stanno crescendo in tutto il mondo quegli obbrobri che sono le megalopoli. l'unico modo rivitalizzare la montagna è creare le condizioni perché la gente ci vada . Paolo è indubbio che il tuo articolo sulla Repubblica sia da definire quasi estremista. io piuttosto sfrutterei la tua notorietà non per questi atteggiamenti quasi da black block ma piuttosto per farti promotore che gli investimenti e gli sviluppi di questo progetto vengano eseguiti in modo sostenibile ed adeguato al bellissimo paesaggio del monte rosa e del cervino. per evitare che sci scempi immobiliari effettuati a Cervinia negli gli anni 60 e anche molto di recente con la centrale del termoriscaldamento (un gettata di puro cemento di scarsa qualità - ma i fenomeni dei beni paesaggistici che fine hanno fatto?).
    La Valle D'Aosta ha un parco nazionale tra i più importanti, peccato poco valorizzato. Un solo nuovo impianto di risalita avrebbe di contro un richiamo turistico enorme che avrebbe un ritorno molto importante e non solo economico. Vado a Cervinia da quando sono nato 52 anni fa e tuttavia mi piace girare per vedere nuovi posti e apprezzare gli investimenti di altre località. E ti posso confermare che ove sono stati fatti dei comprensori di valore e indubbia bellezza occorre prenotare con larghissimo anticipo. Ce ne sarà ben un motivo, no ? Alberto

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    1. Scrivi un mare di sciocchezze (Black block? Nel 2017 difendere l'ambiente? Oltretutto è un SIC e nessuno lo dice o da cos'è.... Solo in valle d'Aosta si riescono a fare queste infrastrutture nei SIC. Il pngp non valorizzato? Dici tue impressioni fuori da ogni contesto e da ogni numero.... E sembri pure in buona fede e questa è la cosa peggiore per me). Una verità assoluta è che gli abitanti della val d'Ayas dimostrano per l'ennesima volta di non meritare ciò che hanno. Ovvero il ballone di cime bianche e Cognetti, non ti meritano. Ma cambieranno le cose... E tutti piangeranno poi (me compreso, visto che sono di Brusson)

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  22. Lo sci da discesa negli anni è cambiato molto. Mia madre, che adolescente gareggiava fino a partecipare ai campionati italiani dell'epoca, veniva svegliata al buio per preparare le piste con le sue gambe; avanti e indietro a scaletta. Lo sci era fatica e tecnica; lentezza in salita e velocità - ridotta - in discesa. S'insegnava il rispetto dei tempi e del clima. C'era anche una certa inevitabile componente di sofferenza: scarponi di pelle che si gonfiavano d'acqua e congelavano dita e caviglie, sci pesanti di legno che s'impiantavano sulla neve e che ti toccava governare con la forza delle gambe -apri, chiudi, piega, punta, ginocchia a monte, spalle a valle. Sulle piste della Val d'Ayas mia madre ha insegnato a noi figlie a sciare come una papera con le paperelle: tutte in fila dietro di lei. Si portavano panini e arance in spalla, che si consumavano al freddo, seduti da qualche parte sulla neve, e si riportavano le bucce a casa. Poi si tornava d'estate a camminare. A volte s'incrociava lo scempio delle piste da sci; lugubri strisce grigie che spaccano la montagna. Il nostro sguardo s'allungava e riconosceva gli angoli, le curve, persino il divertimento tra quella terra sterile ma, inevitabile, risaliva in bocca un retrogusto amaro: non vedi che oltre quel confine netto, innaturale, crescono ancora i pini e si nascondono le marmotte? Poi c'è stato un crescendo di smania e violenza. In fila, agli impianti di risalita, la gente ha incominciato letteralmente a mandarsi affanculo; a spingere, a calpestarsi gli sci pur di arrivare prima. Gli skilift sono diventati quasi tutte seggovie; gli impianti in certi punti sono raddoppiati. Sulle piste capitava di trovare mine vaganti: gente che tira giù dritto senza preoccuparsi di tagliare la strada agli altri; velocissimi proiettili umani in cerca di una scarica pura d'adrenalina. E via a prendersi l'ultimo aperitivo prima di mettersi sugli sci e investire l'ultimo malcapitato. Penso davvero che occorra fermarsi a questo punto. Stiamo consumando il nostro territorio, e sappiamo con certezza che non potremo andare avanti così a lungo. Alla luce dei cambiamenti climatici che la valle decida di investire sul turismo - comprensibile, giusto- in questo modo è, a dir poco, poco lungimirante. Da dove verrà l'acqua per alimentare i cannoni di neve artificiale? Chi porterà i pullman di turisti stranieri fino a Champoluc e Saint-Jacques? Ci devono essere altri modi-sostenibili- per favorire il turismo e l'economia della valle! Chiunque sia stato almeno una volta nella vallata che porta alle Cime Bianche sa di che meraviglia di ecosistema si parli. Non possiamo sacrificare l'ennesima bellezza in questo modo. I compensori sciistici ci sono già. Sono già troppi, funzionano. Quanti saranno quelli pronti a farsi in giornata da Cervinia ad Alagna? I cambiamenti sono tristemente spesso irreversibili. È ora di fermarsi e pensare alle conseguenze di quel che facciamo.

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  23. io vado in montagna da poco tempo e forse proprio per questo non ho ancora molte delle strutture mentali che leggo in questi commenti. frequento le montagne del Trentino e ho provato da subito il senso di rispetto per i luoghi e le persone che vi abitano. credo che non sia facile vivere in posti che sanno essere molto duri. noi cittadini non abbiamo il diritto di giudicare le ragioni dettate dall'emotività forse ma sacrosante. quindi non lo farò. in compenso io mi sento, per tutto questo, sempre un pò a disagio a dover dimostrare sempre di non venire in montagna da turista ma da appassionata.

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  24. Leggete quanto di seguito e fatevene una ragione del perché non bisogna spendere inutili somme di denaro in futuro
    http://www.valledaostaglocal.it/2017/07/24/leggi-notizia/argomenti/natura-3/articolo/nevai-in-valle-sciolti-come-a-fine-agosto.html

    Enrico

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  25. Volevo ringraziare pubblicamente Paolo Cognetti per l'intervista che mi ha rilasciato ieri. Mi ha molto colpito Cognetti la sua premura, ribadita più volte, di portare avanti questa battaglia in cui crede a difesa delle sue montagne con gentilezza. Ho colto questo suo bisogno molto forte di un confronto ma senza toni forti su un tema molto delicato quale il futuro della montagna. Le rinnovo i complimenti e spero presto di incontrarla per continuare a parlare di montagna.

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  26. Illuminante e molto bello l'articolo, interessanti i commenti che mostrano il futuro della montagna e dell'ambiente naturale in rapporto alle diverse sensibilità ecologiche, alcune prossime allo zero.

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  27. Ho letto "le otto montagne". Meno di due giorni. Scorrevole e leggero, una storia con molti rimandi, incantati paesaggi che trasportano la fantasia, una vita più lenta quella di montagna. Pietro narra la sua storia, senza sentimentalismi, molto netta, lucida, anche di fronte alla morte. Questo mi ha colpito. Forse il contatto con la natura più selvaggia aiuta a sentire la morte come evento di un ciclo che completa la vita, come una stagione. Bruno verrà ritrovato in primavera con lo scioglimento delle nevi, è un corpo come quello di un camoscio che non ce l'ha fatta sotto le sferzate di generale inverno. Bella questa storia di amicizia, profonda senza necessità di parole, libera. In me lascia una traccia, dei desideri e degli interrogativi. In questa storia ho ritrovato angoli della mia.
    Va bene così. Merito all'autore.

    Marina
    Monti Sibillini

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  28. Ciao, ma ancora si crede a questo turismo? Non sono uno sciatore, non lo sono mai stato e non lo sarò mai. La mia montagna è un'altra cosa. Giro per terre alte tutto l'anno e credetemi il turismo che porta soldi è cambiato. Il tedesco che fa il GTA, l'olandese che frequenta il Parco Nazionale della Val Grande, non gli interessa il parco divertimenti che a volte la montagna offre, dalle piste da sci, ai parchi avventura. Ma vuole camminare liberamente tra montagne incontaminate, in zone ancora parzialmente selvagge. Vuole sentieri ben tenuti, segnaletica che gli permette di programmare il suo itinerario, strutture che gli offrano la vera accoglienza di montagna, con piatti tipici e non panini mordi e fuggi. Stiamo distruggendo il nostro vero patrimonio turistico e non facciamo nulla per proteggere quello che di più bello abbiamo, forse è ora di cambiare mentalità...lasciamo che le piste se le costruiscano al chiuso in quei mostri che chiamano centri commerciali come ad Arese...http://milano.repubblica.it/cronaca/2017/06/16/news/arese_nascera_una_pista_da_sci_al_coperto_nel_regno_dello_shopping-168228098/....il selvadego

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