Caro Mario, come fiocca. Facendo i conti, da Natale in poi, direi che ne è venuta più di un metro, e altrettanta ne prevedono nei prossimi giorni. Una settimana fa era neve ghiacciata, piccoli cristalli acuminati spinti qua e là da un vento gelido, di quella che ti frusta in faccia quando vai per strada; oggi che fa più caldo viene giù fitta, a fiocchi spessi, e si accumula a vista d'occhio. Benché io passi parte della mia vita in questa baita a duemila metri, devo confessarti che non ho un buon rapporto con la neve: mi fa sentire isolato, rende l'andare in paese difficile o a volte impossibile, e anche camminare nel bosco è faticoso, quando a ogni passo affondi fino al ginocchio. Così resto in casa. Penso ai selvatici rintanati sotto alle barme. Guardo dalla finestra gli abeti carichi, hanno spalle di monaci curvi nelle tonache ben chiuse, e i larici spogli e slanciati che sono fragili creature estive e a volte si schiantano sotto il peso della neve, e nel pomeriggio ascolto il rombo delle valanghe. Le valanghe, se tutto va bene, cadono nei punti che sappiamo, e anzi le aspettiamo quando nevica tanto e loro non sono ancora cadute: è meglio dopo che prima, quando sono sospese in bilico sui pendii; è meglio quando ormai ferme e assestate intasano i canaloni. Le conosciamo così bene che potremmo dare a ogni valanga un nome. Eppure quel rombo è angosciante lo stesso: assomiglia a un tuono, o a un crollo fragoroso sopra la testa. Anche quando sai cos'è, viene istintivo cercare riparo.
Però, caro Mario, sono contento per i miei amici che lavorano con la neve. Qui tutti, in un modo o nell'altro, dipendono da lei, perfino chi d'estate pascola le mucche e d'inverno vende il formaggio agli sciatori. Erano preoccupati, in novembre, perché dopo un anno di siccità le vasche dell'innevamento artificiale erano mezze vuote, e non si sarebbe potuto sparare a lungo. Ora invece sparare non serve più e il mio amico cannoniere passa spesso a trovarmi, in sella alla sua motoslitta, sfaccendato in queste notti in cui il cielo fa il lavoro al posto suo. Chi si è beccato gli straordinari sono i gattisti che la sera incontro al bar e che poi fanno su e giù fino all'alba, perché gli sciatori all'apertura degli impianti trovino le piste battute: una passa davanti a casa mia e così a letto, di notte, vengo investito dai fari della grande ruspa che passa rombando, e se per caso sono in piedi vado alla finestra a salutare. Non è un disturbo, anzi: così come tutta questa neve mi angoscia, il passaggio di qualche anima mi fa compagnia. I gattisti poi li conosco, d'estate uno fa il muratore e l'altro sale in alpeggio con le mucche. Se non fossero in servizio, li inviterei dentro per un bicchiere.
Da me si beve vino e niente acqua: dopo un anno senza pioggia non solo le vasche dell'innevamento sono vuote, ma pure la mia fonte si è prosciugata. L'acqua nella baita arriva, o meglio arrivava, con il sistema più semplice del mondo: un tubo che parte da una sorgente un centinaio di metri più a monte me la portava in casa. Qui di acqua ce n'è sempre stata, non per niente il nome del villaggio è Fontane, eppure l'altro giorno ho aperto il rubinetto in cucina e ne è scesa sempre meno, finché l'ultimo filo incerto ha lasciato il posto al verso gutturale dei tubi vuoti. Allora ho messo le ciaspole, ho preso la pala e ho risalito la valletta di Fontane fino al punto in cui si trova, o dovrebbe trovarsi, la sorgente che dà il nome al villaggio; ho scavato nella neve e ho scoperto che là sotto era tutto asciutto. Il mio tubo nero sporgeva triste nel solco del ruscello che, normalmente, scorre estate e inverno in mezzo al pascolo. Avrei potuto parlarci dentro e salutare qualcuno nel bagno di casa.
Caro Mario, in dieci anni di montagna ho imparato che in queste situazioni due cose non bisogna perdere, la calma e l'ironia. C'è del ridicolo nell'essere sommersi dalla neve e senza acqua. Mi sono ricordato di quel verso del Vecchio marinaio in cui il naufrago nell'oceano si lamenta della sete: “Acqua, acqua dappertutto, e non una goccia da bere!”. Naturalmente ho provato la soluzione più romantica, ma ho scoperto che sciogliere la neve sul fuoco non conviene per nulla: impiega molto tempo, consuma troppo combustibile, e di una pentola di neve fresca non resta che un terzo o un quarto d'acqua, che poi nemmeno si può bere. Così mi sono avventurato giù in paese e ho comprato due taniche da quindici litri, che ora riempio a una fontana e poi trascino su fino a casa, caricandomele sulla schiena e pensando ai miei portatori nepalesi di un paio di mesi fa. Di un'acqua così preziosa si riscopre il valore: ne basta una tazza per lavarsi i denti, una pentola per lavare i piatti, un piccolo secchio per lo scarico del bagno. Per fare la doccia chiederò ospitalità a qualche amico.
Ho un lucernario, sul tetto, grazie a cui riesco a immaginare che cosa si provi a essere una creatura che vive sotto la neve, come le arvicole di cui trovo le tane al disgelo. Sopra il lucernario un po' di neve si scioglie per il calore della casa, e io immagino che succeda lo stesso con il calore del terreno: così, anche sotto uno strato molto spesso di neve, si formano camere d'aria, bolle dalle strane forme, gallerie che seguono chissà quali linee del calore. Il soffitto di neve di queste camere diventa più chiaro, se per qualche ora il cielo dà tregua e il sole comincia a scaldare, e si arriva quasi a sperare che presto quel soffitto si buchi, e arrivi primavera. Ma poi comincia a nevicare di nuovo, il soffitto della camera si ispessisce, sotto diventa buio. Allora le piccole arvicole e gli scrittori con il naso in su si rassegnano: sarà ancora lungo l'inverno.
Caro Mario, è cominciato l'anno 2018 e con questo sono dieci che non ci sei più. Mi manchi moltissimo. Vorrei leggere le notizie dalla tua montagna, quello che pensi guardando il bosco, quello che scopri ancora alla tua età. Vorrei leggere degli inverni lontani che la neve ti fa tornare in mente, dei tuoi sentieri che nasconde alla vista, delle storie che ti racconta al mattino, rivelando passaggi notturni ai tuoi occhi da cacciatore. Qui da me viene solo la volpe, ogni tanto, a vedere se nella ciotola del cane è rimasto qualche avanzo. Dicono che siano tornati i lupi, io però non li ho ancora visti e non ci tengo, se devo essere sincero. Fuori fiocca, caro Mario, e io bevo un bicchiere alla tua salute e penso a tutte le cisterne e le vasche segrete della montagna, alle grotte gorgoglianti, ai torrenti sotterranei, a quel che c'è prima delle sorgenti: a tutti questi pozzi che un anno senza pioggia ha lasciato vuoti. Penso che la neve di oggi sarà l'acqua di domani. Benedetta neve.
sabato 6 gennaio 2018
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Paolo non ci conosciamo.
RispondiEliminaGrazie alla tua sensibilità nel descrivere situazioni, esperienze e ,perché no, emozioni che le montagne tra cui sono nato e cresciuto ci hanno regalato, ho iniziato nel migliore dei modi il nuovo anno !
Berio e Bruno, se sei d’accordo, li aggiungo agli amici sinceri e silenziosi che sempre mi hanno aiutato a superare momenti difficili . Momenti che , inevitabilmente , il “mondo storto” ci offre ogni volta che,distratti , non guardiamo verso l’alto . Grazie , buona vita, treinadan !
Claudio
RispondiEliminaHo terminato la lettura di "Le otto montagne" ieri sera. Se una storia mi piace, e soprattutto apprezzo il modo in cui è scritta, leggo in breve tempo. Questo romanzo l'ho "consumato" in poche ore. E' facile affezionarsi ai personaggi ( pochi) di questa memoria della montagna,così come non si può fare a meno di pensare da subito che ci sia molto di personale nella stesura di un racconto che affronta temi parecchio intimi. La bellezza delle cime è immediatamente percepita da chi legge,esattamente come l'autore deidera che venga percepita : come qualcosa che puoi provare ad immaginare, ma che non potrai mai conoscere veramente se non la sperimenti. E se sei capace di scrivere in questo modo, sei davvero bravo!
Vivo al mare da quando sono nata , cioè dai lontani anni Sessanta, quando le spiagge rappresentavano il sogno estivo di chi era intrappolato nelle città padane per tutto l'anno . Non mi sono mai trasferita altrove; simile a molte persone della mia età, ho costruito nido e famiglia nel posto in cui sono nata. Al mare scrivo, ma non pubblico, forse perché non ne ho mai avuto il coraggio...Il mare per me è fonte di ispirazione, è scuola di vita, è l'unica dimensione possibile ora che sto diventando anziana. Penso che se dovessi spiegare il mare a chi non lo ha vissuto , mi troverei in seria difficoltà. Condivido da più di trent'anni ormai il mio cammino con un marito che ha lavorato sul mare , che ama la pesca, che parla molto di barche, che adora il silenzio di certe giornate in cui riesce a dialogare soltanto con il mare. Ho provato a raccontargli in estrema sintesi "Le otto montagne" . Mi ha detto che non esiste differenza tra chi ama la solitudine dei monti e chi preferisce quella degli orizzonti liquidi.
E forse ha ragione : sono sentimenti forti che si possono raccontare soltanto a chi li ha vissuti.
Grazie per avermi offerto la possibilità di capire, anche se resto convinta di aver compreso soltanto una minima parte della bellezza che ti ha ispirato.
Marina
Ci pensavo da poco, (ri)leggendoti e ripensando al mio primo luglio a Estoul, a quanti punti in comune abbiano i monti e il mare, il vostri orizzonti innevati e i nostri uguali, bianchi di spuma soffiata dal maestrale. In queste righe ne trovo la conferma, sottolineata dalla nostalgia alla vista di quegli abeti che così, in Sardegna, non esistono.
RispondiEliminaBellissimo leggerti e rileggerti in queste pagine, come fosse un bar in cui incontri i vecchi amici che ti aspettano lì, lontano dai riflettori, e non ai firmacopie dove prima eravamo in pochi mentre ora c'è ci sono folle. Ciao Paolo, un abbraccio
RispondiEliminaQuando devo tornare in città, dopo tanti giorni trascorsi fra le mie montagne, sono sempre triste. I tuoi racconti mi riempiono il cuore, vorrei avere anch'io la mia baita solitaria un giorno. L'anno scorso ho trascorso un mese al Rifugio Boccalatte come volontaria, senza acqua corrente. C'era una calotta di neve, in alto, che sciogliendosi gocciolava giù dalla grondaia. Riempivamo pentole e catini e quel tintinnio di gocce era la nostra salvezza. Un paio di volte feci una specie di doccia lassù, a 2830m, su quella terrazza a picco sul ghiacciaio. Che felicità, grazie per ricordarmi quelle emozioni e per suscitarmene di nuove. Sono una cittadina con un'anima selvatica. Ciao Paolo, Roberta Heidi
RispondiEliminaabito in Pejo, sopra Saint Jacques, leggerla ora, leggere i suoi libri, è l'immedesimarsi totale, la contiguità piu profonda. Grazie. Sono una giornalista del Secolo XIX in pensione, ho un blog sul volontariato che si chiama pienidigiorni.com in cui ho parlato anche degli amici di Ripartire dalle Cime Bianche. Le chiedo se posso linkare nel post, che è gi pubblicato, un suo straordinario intervento sul vallone che ho letto questa estate. E mi legga il blog, la sera mentre aspetta i gattisti, sono sicura che le piacerà. Donata Bonometti, Genova
RispondiEliminaSto leggendo le 8 montagne. C'è anche la tua dedica con un abbraccio. Grazie - anche se non ci conosciamo di persona. Io comunque sono uno di quelli che hai incontrato sotto i massi vicino a Grana. Quindi uno di quei tanti che hai conosciuto. Un ex alpinista ormai. O forse un aspirante alpinista. Uno che da giovane ha vissuto la montagna in modo parziale e che da uomo maturo ripercorre i sentieri, le creste e le vie che ha salito e sceso allora cercando nuove suggestioni e nuove risposte alle domande che nascono dentro vivendo. La montagna dentro e la collina fuori. Buona giornata
RispondiEliminasono una vecchia ragazza nata in un paesino di 350 anime ( comprese le mucche, gli asini e le pecore) dell'altissima Valtellina, sotto la Cima Piazzi.Ho aspettato molto tempo prima di leggere Le otto montagne un po diffidente verso i libri che vincono premi. e ho avuto una bella sorpresa: e' scritto bene e' bellissimo e mi ha regalato il ricordo di come era il mio paese durante la mia infanzia e adolescenza, come erano i boschi in cui noi cugini passavamo i pomeriggi senza che le mamme si preoccupassero e venissero a cercarci. Ho ritrovato nel carattere di Bruno, dei suoi parenti quello brusco dei montanari, dei miei paesani, che pero' quando ti accolgono, sei uno di loro.
RispondiEliminaSu certe pagine, caro Paolo, ho pianto di nostalgia. Ma mi ha fatto bene. Ti prego scrivi ancora di paesi, di boschi di montagne.Ti lascio con la frase che Giovanni Segantini disse su al Munt de la Bes-cha il 28 settembre 1899 nei suoi ultimi momenti di vita: "Voglio vedere le mie montagne"
Ciao Paolo,
RispondiEliminaè sempre un piacere leggere ciò che scrivi. Ci siamo visti a Torgnon questa estate per la presentazione de "Le otto montagne": un romanzo che ho letto tutto d'un fiato, utopico, fatto di concretezza e astrazione allo stesso tempo.
Anche io amo molto la montagna, una montagna simile alla tua, ancora poco contaminata dal turismo. Per i casi della vita, forse lavorerò di nuovo anche con la montagna, a un progetto di ricerca sui nomi di luogo dela montagna piemontese. Il progetto ha un sito, se questo progetto ti incuriosisse: atpmtoponimi.it . Se volessi venire a far visita, scrivimi qui: albertoghia.mg [at] gmail.com; le colleghe (e anche io, se vinco il bando!) saranno ben liete di mostrarti i risultati, nella sede di Torino. Magari interessa anche agli altri amici del Richiamo della Foresta...
A presto!
Ciao Paolo, da tempo seguo i tuoi scritti e leggere le tue parole é sempre molto emozionante. Riesci ad unire stile e contenuto in modo che possano arrivare dritto all'anima. Complimenti. Vorrei scrivere molte cose, ma forse il post su un blog non é la forma ideale. É possibile avere un indirizzo mail o postale al quale fare riferimento per scrivere in forma privata?
RispondiEliminaPer ora, buona strada
Giulia
Ho appena finito di leggere "Le Otto Montagne". Un libro che mi è stato regalato da una cara amica. Grazie per questo bel regalo che hai fatto a me e alla letteratura in generale. Mi ha riportato indietro alle mie emozioni e sensazioni di quando, ormai quasi trenta anni fa, lessi "Due di Due". Sarà perchè le storie di amici che si prolungano del tempo sono come il vino, che diventa più buono col passare degli anni, sarà perchè la montagana mi ha sempre affascinato. sarà perchè il lieto fine non c'è o, come nella vita, non è quello che ci aspettavamo...sarà....ma anche questo libro resterà scolpito nella mia memoria nel tempo. Alberto
RispondiEliminaCiao Paolo. Mi chiamo Elena, sono del 1980 e vivo a Milano. Sin da piccola vedo le montagne lecchesi di fronte a casa mia, lontane ma non troppo, sono la prima cosa che ricerco ogni mattina quando tiro su le tapparelle. Ho regalato il tuo libro "Le otto montagne" ai miei genitori per Natale, senza averlo letto prima io, perchè avevo avuto una sensazione potente..non solo avevo visto giusto, ma ora che finalmente ho potuto leggerlo anche io, sono rimasta sconvolta! I miei nonni erano piemontesi da parte di padre e mantovani da parte di madre. Sono venuti a Milano a vivere. I miei genitori si sono conosciuti da adolescenti in una colonia in Val di Fassa. Io ho imparato a camminare in montagna e a 3 anni una foto mi ritrare felicemente a cavallo di una capretta. In montagna ogni anno..un mese almeno. All'inizio Valtellina, poi 30 anni in Val di Fassa, ora Val Camonica, nel parco dell'Adamello. D'estate, in autunno coi suoi colori che sanno scaldare fin dentro l'anima, in primavera con la rinascita, i mille colori dei fiori e da poco in inverno con le ciaspole (non so sciare nè ci tengo) La montagna...è la mia vita..ma le "radici" che ci sostengono, ci evitano di cadere, ci danno sicurezza, a volte possono rappresentare un'ancora..qualcosa che ci blocca. Nel tuo libro, Paolo, ho rivisto me. L'ho regalato ai miei genitori perchè in tutti i modi ho provato a dire che quello che voglio non è qui, non è la mia vita quella che mi sento scorrere tra le dita..sono rimasta sola, ho solo loro, sono senza lavoro attualmente..e non ho nessun "appoggio" o qualcuno con cui condividere un progetto per una "fuga da Milano"(o meglio, una rinascita, un inizio altrove). Non mi sento capita da nessuno..speravo che il tuo libro, le tue parole (dato che le mie non sono mai state capite)potessero aprire gli occhi ai miei genitori..ma invece no. In compenso a me a toccato le corde del cuore. Io capisco quello che scrivi nel libro, lo sento il silenzio, so cosa vuol dire andare su da soli (io amo andare da sola per boschi, a volte in punta di piedi solo per il gusto di non rovinare coi passi dei miei scarponi quell'atmosfera magica), salire oltre un dosso e guardare oltre, sentendoti parte della vita che ti circonda, respirando quell'aria, a volte desiderando di poter abbracciare tutto, col cuore gonfio di emozioni..e sentirsi piccolo, umile di fronte alla maestosità e all'imponenza, eppure di farne parte. Come un sassolino su un sentiero. La montagna per me è rispetto, forza e determinazione ma anche umiltà e fatica. Silenzio, riflessione, introspezione, preghiera se vuoi. E capacità di ritrovarsi. Ogni volta sento il bisogno di andare, anche solo per una giornata, anche solo una semplice mulattiera o in un bosco, per ritrovare la carica e l'energia che questo vivere in città, un posto che non ho MAI sentito come casa mia, mi toglie. Casa è dove ti senti tu..io mi sento a casa in montagna. Ma una donna da sola e senza appoggi dove va?... questo più che un commento è uno sfogo, me ne rendo conto..non so se lo leggerai..e dubito mi risponderai..non so come funzionano queste cose, non ho social (no facebook e simili, giusto whatsapp perchè è gratis)..cercavo un modo per poterti contattare e ho visto questo. Ecco...grazie. Sono contenta che persone più o meno della mia età sentano certe cose ("to feel" rende più giustizia al significato di cui vorrei caricare il termine). Grazie Paolo.
RispondiEliminaElena
Grazie Claudio, Marina, Alessio, Roberta Heidi selvatica, Donata, Andrea, Marisa, Alberto. Ciao Matteo vecchio amico mio, bello ritrovarti qui! Ciao Giulia, purtroppo non posso fornire un indirizzo privato (in questo momento diventerebbe velocemente ingestibile), ma leggo sempre quello che scrivete qui, e ho tanti incontri pubblici in cui, se vuoi, possiamo scambiare due parole. Ciao Elena, grazie della lunga lettera: io penso che, di fondo, tu abbia bisogno di trovare persone simili a te, e che dalle relazioni poi possano nascere progetti di vita. Vieni al Richiamo della foresta in luglio! Lì ti capiamo di sicuro.
RispondiEliminaGrazie Paolo per avermi risposto! Hai ragione..infatti sto cercando persone come me, ma non so neppure dove cercarle. Sì, verrò al raduno e spero di riuscire in quell'occasione a stringerti la mano. Nel frattempo ti faccio tanti auguri di buon compleanno!! È oggi giusto? Devo averlo letto su Wikipedia. Grazie ancora "capitano".
EliminaElena
Ho letto il blog, ora inizierò a leggere"le otto montagne ". Mi piace, Paolo, come descrivi e come esprimi i tuoi sentimenti.
RispondiEliminaUnisci il finito e l'infinito.
Da poco ho ritrovato questa poesia che a me piace perché esprime sentimenti che ho provato e provo.
" Vi è un incanto nei boschi senza sentiero
vi è un'estasi sulla spiaggia solitaria
vi è un asilo dove nessun importuno penetra in riva all'acqua del mare profondo
e vi è un'armonia nel frangersi delle onde.
Non amo meno gli uomini,
ma più la Natura
E in questi miei colloqui con Lei io mi libero da tutto quello che sono e da quel che ero prima
per confondermi con l'universo.
E sento ciò che non so esprimere
e che pure non so del tutto nascondere.
G. Byron
Ricordo anni fa un articolo bellissimo letto su Repubblica in cui Mario Rigoni Stern raccontava del suo inverno in baita. Per anni ho conservato quell'articolo che ora non trovo più. E' bello sapere che qualcuno abbia raccolto quell'insegnamento. Il prossimo anno a scuola rileggerò Stern in classe con i miei alunni di terza e un po' anche Cognetti!
RispondiEliminaciao, sono profondamente intimidita nello scrivere qui, forse per l'orario, forse perché oggi è nata Virginia Wolf ed è da stamattina che ci penso e vorrei scrivere un post su mia nonna perché anche se non c'entra nulla, il mio cervello vede una connessione, perché le persone con disturbi mi fanno pensare a lei o forse perché domani mi parleranno dell'EMDR e dovrò decidere se fa per me e vorrei dirlo a qualcuno. Sto leggendo le otto montagne, l'ho comprato di scatto come se "fosse necessario", io non leggo molti autori italiani e devo sicuramente migliorare questo aspetto, ero indecisa tra quello e sofia si veste sempre di nero. In genere per comprare un libro leggo la prima pagina e qualche riga a caso sfogliandolo, e l'avrei preso ma mi ha toccato in un modo difficile da spiegare, in un punto in fondo, giù, e ha poco senso ma per ora non era il libro giusto. Le otto montagne lo leggo in autobus mentre faccio il tragitto verso il lavoro, così vado lontano e cerco di immaginare luoghi che non conosco, e non ho bisogno dei ricordi, diciamo che uso i tuoi. Scrivi in un modo familiare, cortese e sincero. Ho letto che il trasferirti lì è stata una decisione per uscire da un mondo e aprirne un altro, io sono in uno stato di passaggio forse e cerco tra i tuoi post vecchi qualcosa che possa aiutare nella scelta, non che qualcuno debba decidere al posto mio, ma leggere di come altri sono passati da un sistema a un altro traendone giovamento e forza, credo sia utile. Non so come fai a trovare la pace nel silenzio della montagna e ti invidio per questo, forse lo scoprirò alla fine del libro. io ho ancora bisogno a tratti del frastuono della città o forse vorrei solo non pensare. Ti immagino nella baita, intorno la neve mentre scrivo dalla mia cucina e fuori il rumore del traffico attutito. Ti chiedo scusa per il messaggio lungo e strampalato e ti ringrazio per la tua scrittura, chissà magari un giorno passerai di qui e mi firmerai il libro, io sarò quella strampalata e impacciata, in piedi con le sedie vuote, e tu, be' tu sarai facile da riconoscere.
RispondiEliminale tue storie, fanno nascere emozioni. Grazie
RispondiEliminaCiao Paolo,
RispondiEliminaquesto articolo mi sembra una possibile postfazione a 'Il ragazzo selvatico', finito giusto di leggere ieri...oppure, forse meglio, un nuovo capitolo, per certi versi, con il senso letterario e metaforico di 'capitolo'.
Dall'Estate passata sono andata a ritroso a leggere i tuoi scritti, in un ordine zig-zagante dettato dalla disponibilità in biblioteca...
E' come se 'Le otto montagne' -il primo letto- fosse il frutto di una levigatura, come se fosse il risultato di tutti gli scritti prima, gli abbozzi, i riferimenti tangenti, l'evoluzione della scrittura e il riflettere sul suo senso.
Levigatura come quell' "attività" (?) che si usa per tirar fuori qualcosa di speciale da qualcosa di grezzo...non riesco a dire oltre, spero e auguro che tu possa continuare così.
Perchè poi il risultato è qualcosa che sembra unire le persone, una matrice di base, un denominatore comune, un qualcosa che si potrebbe dire ma non si riesce a esprimere in quel modo proprio lì, anche leggendo i post di questo blog.
Se ti capita mi permetto di suggerirti 'L'ordine del tempo' di Rovelli, mi sembrava la risposta ad alcune riflessioni dai libri di racconti.
Infine grazie per le poesie di Antonia Pozzi nel libro. Bellissime.
Passavo di qui per caso; ma lo sai vero che Antonia Pozzi passava le sue vacanze anche in Val d'Ayas? Sarebbe carino individuare oggi i posti ritratti nelle sue foto di allora.
RispondiEliminaComunque io ai lupi un pensierino di vederli ce lo farei, se non hanno mangiato me non penso che tre anni in meno gli facciano preferire la tua carne...Nel caso mi offendo con loro e ti assicuro, farò giustizia ;-)
Il modo più bello e commovente per ricordare Mario. Grazie Paolo. Ciao Mario!
RispondiEliminaCaro Paolo,
RispondiEliminaMi è stato regalato, per il mio 75° compleanno, "le otto montagne" che ho letto con grande piacere e tanta nostalgia. Sono stato aGraines da bambino, quando ancora non c'era nessuna strada ma solo mulattiere. Dai 5 ai 25 anni ho passato l'estate a Brusson, e anche qualche settimana invernale, e ho molto camminato sui sentieri verso il Col Ranzola e Frudiera, non da solo ma con genitori e fratelli; poi con amici sulla Testa Grigia e con mia moglie, allora fidanzati, a vedere l'alba dallo Zerbion. Ho conosciuto anche io un Bruno, si chiamava Roberto ed era più socievole (essendo un valdostano di Ayas anzichè di Brusson, dove sono spesso più bruschi e cattivi). Il desiderio della montagna mi è ritornato, anche se alla mia età non posso più ripetere le esperienze di allora. Grazie anche per la scrittura densa e affascinante, ma scorrevole e quotidiana.
Andrea
Ciao Paolo, mi presento mi chiamo Stefano ho 42 anni e vivo a Genova.
RispondiEliminaQuest'anno ho avuto la fortuna di fare una piccola vacanza a Shampluc (Paoulez), arrivati avvolti dalla non mi sono neanche reso conto cosa mi circondasse, la mia prima serata la volevo dedicare al camino, cosa c'è di meglio che sorseggiare un buon vino davanti al camino! ma con la coda dell'occhio continuavo a vedere tre mensole colme di libri e mi dicevo, -bhe! potrei anche leggere qualcosa tra un sorso di vino e una sigaretta.
mi sono avvicinato alle mensole ed ho incominciato a leggere vari titoli cercando qualcosa che m'ispirasse. ti premetto che sono un ignorante e i libri che ho letto si possono contare sulle dite, comunque il mio sguardo viene rapito da un titolo; Le otto montagnenon avevo minimante idea di cosa trattasse e chi fosse mai l'autore, tra me e me mi son detto eccolo qua siamo in montagna leggero' due pagine di questo.
da due tre pagine son diventate cinquanta, risucchiato da questo racconto stupendo e poterlo vivere avendo il monte rosa davanti rendeva tutto magico. Il giorno dopo un splendido sole ci ha dati il buon giorno e finalmente scostando le tende si vedevano i monti innevati, uno spettacolo incredibile!
Dopo aver dedicato tutta la mia giornata alla mia bimba e a mia moglie,la sera mi sono rimesso di nuovo davanti al camino con il bicchiere di vino e il tuo splendido libro, risucchiato di nuovo dal tuo racconto.
Insomma cerco di farla breve è la prima volta che scrivo in un blog e ti volevo ringraziare, ringraziare di cuore per avermi fatto vivere questa vacanza con un amore per queste montagne incredibile, assaporando ogni piccola cosa!
Il tuo libro è un capolavoro, Amicizia quella vera amore per le montagne odio per la famiglia, gelosia e rimpianto, la difficoltà che purtroppo si ha ad avere una partita Iva e come purtroppo i problemi economici e le paure rovinano l'amore, il vuoto che lascia una persona quando muore, l'incertezza di un domani, il tuo libro l'ho vissuto così ed è stato fantastico!
Ancora grazie di cuore!
Purtroppo il libro lo dovuto lasciare la, ma andro a comprarmelo presto e non solo quello perche' sei veramente uno scrittore che da magia alle parole che scrive!
Ciao Paolo, ci riprovo per la terza volta. Sono di ritorno da un importante viaggio, sono stata nella tua Gotham. È stato un viaggio fatto in solitaria e ci tengo a ringraziarti perché sei stato la mia guida discreta.
RispondiEliminaTi ho conosciuto l'anno scorso con Le otto montagne, ma mi sono innamorata delle tue parole con i tuoi testi più intimi e spogli, Il ragazzo selvatico, Tutte le mie preghiere guardano verso ovest e New York è usa finestra senza tende. Attraverso la tua penna ho indossato i tuoi occhi e ci sono rimasta secca. Gotham è una città che pensiamo di conoscere, e invece poi si presenta in modi che non abbiamo mai visto, e questa è stata la sorpresa più grande. I tuoi passi mi hanno fatto compagnia.
Torno in Italia e vedo tutto bianco attorno a me, lo vedo come un saluto insieme a questo tuo post.
Il larice di cui parli mi fa venire in mente Giovanni Allevi, non so perché, forse per la sua meravigliosa sensibile fragilità, che è anche la sua bellezza.
Il tuo modo di scrivere e aprirti con noi ha cambiato il mio modo di raccontare e di sentire le cose, grazie anche per questo.
Ti ringraziano un po' meno i miei piedi. Sotto a tutti i km fatti continuavo a ripetere "forza piedini, se Paolo, Nicola e gli altri ragazzi della spedizione sono riusciti a scalare vette alte più di cinquemila metri, anche voi riuscirete a riportarmi a casa", e infatti eccoci.
Guardo la neve fuori dal finestrino del treno: la neve di oggi sarà l'acqua di domani.
Gloria
Ciao Gloria, non sai come sono contento di sapere che sei tornata su quelle strade. Grazie Stefano, Andrea, Serena delle vostre lunghe e belle lettere. Comunicare non è facile in questo periodo, troppa ressa intorno e poco tempo per fermarsi a parlare, ma qui vi leggo sempre. Un abbraccio.
RispondiEliminaSu quelle strade e in quei posti che, te lo posso confermare, sono rimasti sconosciuti. Non c'era nessuno oltre a me.
EliminaGrazie per leggere e rispondere, è un regalo. Ci vediamo a luglio.
Caro Paolo,
RispondiEliminami faccio un po' di coraggio e ti scrivo, scrivo qui, pubblicamente su questo blog, del mio amore per la montagna.
Mi chiamo Anna, ho 56 anni e sono illustratrice. Pensa che ho comprato "Le otto montagne" perché ero incuriosita da una recensione letta e anche dall'immagine ad acquerello in copertina.. ma quello che ho trovato al suo interno, è stato molto di più di un bel racconto scritto bene. So che sembra incredibile, ma è stato come fare un tuffo in una storia che conoscevo bene: la mia. Soprattutto la prima parte, che ho divorato in pochissimo tempo, in una sorta di trance emotiva. Persino i nomi delle persone rimandavano a situazioni per me, reali, ancora oggi.
Il tuo modo di descrivere i vari caratteri è strepitoso, così delicato e semplice da arrivare nel più profondo dell'animo ed è ancora più strepitoso scoprire in ogni personaggio, una persona straordinaria. A metà libro circa, ho deciso di rallentare e far durare il più a lungo possibile, questi momenti di lettura, così intimi, da essere attesi in modo speciale. Adesso che ho finito il libro, non ho potuto fare a meno di scriverti e magari se ci incontreremo, mi piacerebbe raccontarti della mia mamma veneta, nata in mezzo alle Dolomiti, o del papà appassionato di montagna, rocciatore, sciatore, che finiva sempre col litigare, parlando di politica, con i suoi interlocutori, della mia amica Guglielmina e di sua figlia Lara, custodi ancora oggi di quel piccolo angolo di mondo che, così lontano da Milano, mi appartiene in modo indissolubile.
Ti ringrazio per aver letto le mie righe.
Un caro saluto
Anna
Signor Cognetti, ci ho messo un anno a leggerlo, gustandone ogni pagina come fosse un dipinto di montagna come quelli che si trovano nei rifugi o nelle vecchie case dei turisti milanesi che vanno in ferie nello stesso posto dai sessanta... buonavita!!!
RispondiElimina